Il 2022 di Meta comincia con una class action da più di tre miliardi di dollari nei confronti di del colosso statunitense che controlla i servizi di rete sociale Facebook e Instagram, il servizio di messaggistica istantanea WhatsApp e Messenger. Il cui CEO è Mark Zuckerberg.
Un esperto di diritto della concorrenza, sostenuto da un potente fondo di contenzioso, è pronto a organizzare un’azione collettiva multimiliardaria contro Facebook/Meta per violazione delle leggi sulla concorrenza, sulla base del fatto che avrebbe abusato del suo dominio sui social network nel Regno Unito per diversi anni.
La class action è stata intentata contro Meta, la società madre di Facebook, presso il Competition Appeal Tribunal del Regno Unito a Londra. E in caso di successo, l’azione vedrebbe Facebook dover pagare 2,3 miliardi di sterline (oltre tre miliardi di dollari) per danni agli utenti di Facebook nel Regno Unito.
Ma se avesse ragione la dottoressa Liza Lovdahl Gormsen?
Le accuse nei confronti di Meta per lo sfruttamento dei loro dati tra il 2015 e il 2019 volgono a far pagare un compenso ai suoi 44 milioni di utenti nel Regno Unito. Questo perché Facebook avrebbe – condizionale d’obbligo in questi casi – preso tutti i dati personali e privati dei suoi utenti, che, a causa del dominio di Facebook, non avevano altro piattaforma sociale praticabile, e in cambio tutti i suoi utenti hanno ottenuto, in effetti, la possibilità di pubblicare foto di bambini e gattini ai loro amici e alle loro famiglie.
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La class action è stata organizzata dall’esperta di diritto internazionale della concorrenza, la dottoressa Liza Lovdahl Gormsen (rivela techcrunch), che ha presentato osservazioni davanti al parlamento del Regno Unito in merito al dominio del mercato di Facebook, nonché articoli legali accademici scritti al riguardo.
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Le accuse si basano sull’idea che Facebook abbia fissato una sorta di “prezzo ingiusto” per gli utenti di Facebook, almeno nel Regno Unito. Il “prezzo” fissato per la concessione dell’accesso al social network era la resa dei preziosi dati personali degli utenti del Regno Unito, che in cambio hanno semplicemente ottenuto l’accesso “gratuito” alla piattaforma di social networking di Facebook, senza alcun compenso finanziario, il tutto mentre Facebook guadagnava soldi a palate.
Il nocciolo della questione è che Facebook avrebbe circondato i suoi utenti del Regno Unito non solo bloccandoli e prendendo i loro dati nella sua piattaforma, ma anche tracciandoli tramite il pixel di Facebook, su altri siti Web, generando così profondi dati “grafici sociali”. Accuse pesanti, tutte da dimostrare. Ma se avesse ragione la dottoressa Liza Lovdahl Gormsen? Ai posteri l’ardua sentenza.