Ieri sono stati pubblicati, da parte della Commissione Europea, i dati riguardanti la messa in pratica dell’agenda digitale in tutti i Paesi d’Europa e come immaginavamo l’Italia si trova al fondo di una lista di 28 Paesi; infatti l’indice Desi-Digital Economy and Society riferisce che il nostro Paese è al 25° posto, in compagnia dei Paesi con “prestazioni basse” per quanto riguarda il segmento digitale, ossia la Bulgaria, Cipro, La Grecia, la Croazia, l’Ungheria, la Polonia, la Romania, la Slovenia e la Slovacchia.
Nella scheda del Desi il punteggio che ci è stato assegnato è di 0.36 in una scala che va da 0 a 1, il che ci preoccupa molto.
Per quanto riguarda i dati che hanno influito sulla decisione del Desi, troviamo che in Italia solo il 5.1% delle piccole e medie aziende fa uso dell’e-commerce per la vendita dei prodotti e dei servizi; infatti le aziende digitali coprono soltanto il 4.8% del fatturato complessivo italiano.
Per quanto riguarda la connettività, i dati rivelano che appena il 21% delle famiglie italiane si connette ad Internet veloce ed il 51% naviga su banda larga, numeri, questi, che risultano essere i più bassi in Europa, infatti siamo 28° su 28 Paesi.
Invece risultiamo primi in classifica per quanto riguarda l’utilizzo di internet: ben il 31% dei cittadini italiani non lo ha mai usato e questo dato è più alto di 15 punti rispetto alla media degli altri Paesi europei.
In realtà la diffusione dei servizi pubblici è disponibile in maggiore misura in confronto agli altri Paesi d’Europa, ma purtroppo gli italiani fanno uso di questi in misura molto inferiore a quanto accade altrove. Perciò siamo al 15° posto per disponibilità di servizi pubblici, ma venticinquesimi per quanto concerne l’utilizzo di tali servizi.
Secondo la Commissione Europea questo dato è dovuto sia alle scarse competenze digitali degli italiani, sia alla mancanza di disponibilità effettiva di connettività, sia anche al poco utilizzo che i cittadini fanno di Internet, ma non è da sottovalutare il fatto che i cittadini non sono in grado di completare un procedimento amministrativo o un adempimento con il computer perché sono costretti a completare le operazioni allo sportello fisico dato che i servizi on line delle amministrazioni non sono fruibili. Infatti dal 2013 ad oggi moduli resi disponibili on line dalle amministrazioni ai cittadini invece di aumentare sono diminuiti.
Questi dati ci mandano un’immagine di un’Italia che fatica a lasciare andare un passato pieno di “buchi digitali” in cui è inciampata spesso a causa di anni di politica innovativa mal gestita. I dati ci parlano anche di un Paese, il nostro, molto sotto la media europea e anche tanto distante dagli obiettivi dell’Agenda digitale europea.
Quello che ci vorrebbe è uno schock digitale, un grande cambiamento in una direzione diversa rispetto a quello che è stato fatto per molti anni, che possa dare una spinta innovativa a questa Italia analogica che guarda impotente un mondo sempre più hi-tech e all’avanguardia senza sapere come rimettersi al passo, perché anche le tabelle di comparazione che arrivano da Bruxelles non danno spazio ad una diversa interpretazione.
Bisogna investire le energie e le risorse nell’aumento della diffusione della cultura nel settore del digitale e stimolare gli italiani all’utilizzo di Internet, promuovendo il web anche in televisione come un’opportunità di crescita per il Paese. Secondo Paolo Barberis, consigliere per l’innovazione si deve anche rendere la nostra amministrazione fruibile, ma non solo “facendo sforzi per “digitalizzare” l’amministrazione, se poi i cittadini non usano i relativi servizi, serve solo a continuare a buttare dalla finestra risorse pubbliche”.
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