I ragazzi di Bikespeeds testano sul “campo” le potenzialità degli AirTag di Apple, simulando un furto di una bici. Come sarà andata a finire?
Gli AirTag sono un esempio calzante di come la tecnologia debba necessariamente intrecciarsi con la praticità e l’utilità. Dentro a un piccolo e tutto sommato economico dischetto si addensano infatti una pletora di innovative componentistiche e funzioni ad esclusivo beneficio dei consumatori finali, tanto semplici quanto sorprendentemente rivoluzionarie nei loro effetti. Come abbiamo avuto modo di spiegare anche in passato, il prezioso accessorio griffato Apple ha il compito di tracciare tutto ciò che ci circonda e volendo potrebbe anche essere impiegato per recuperare oggetti smarriti a seguito di un furto. Lo conferma un esperimento inscenato in una ridente cittadina costiera di circa 70.000 abitanti, dove è stato per l’appunto simulato un ladrocinio di una bici sulla quale era stato dapprima magistralmente apposto un AirTag.
L’obiettivo alla base è molto semplice, ossia capire quanto sia valido il piccolo dischetto di Apple in contesti dinamici come quello dei furti. Al fine di dar esatta contezza della prova, è stato inoltre cronometrato il tempo utile tra la scoperta dell’illecita sottrazione dell’oggetto e il suo rinvenimento. Una sfida insomma all’ultimo secondo, tra fugaci scorribande e inseguimenti cittadini in pieno stile del miglior film d’azione.
Come è possibile verificare nel video riportato in calce all’articolo, la bici è stata posizionata fuori dal negozio, in attesa di essere rubata. Il ladro – o quantomeno il presunto tale – ha così preso possesso dell’oggetto, allontanandosi a tutta velocità dal luogo del misfatto. L’attivazione della “modalità smarrito” su AirTag è avvenuta soltanto dopo dieci minuti dall’accaduto, simulando quella sorta di ritardo che spesso e volentieri imperversa dopo la scoperta del furto.
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Messo in moto il meccanismo di rintraccio, il piccolo accessorio di Apple ha comunicato la prima posizione otto minuti dopo il furto e una seconda posizione dopo addirittura venti minuti. Come si spiega questa differenza di tempo? Entrano qui in gioco i principi sui quali poggia il funzionamento degli AirTag: il dispositivo, infatti, comunica con gli iPhone che passano da vicino, inviando dapprima dei piccoli segnali al cloud di Apple – senza invalidare dati sensibili, è bene rimarcarlo – e in seconda battuta all’app Dov’è del possessore dell’oggetto al quale è stato associato l’AirTag.
La differenza si spiega quindi in motivazioni più che altro “logistiche”: la stringente dimensione del territorio, unitamente al contesto pandemico, ha reso infatti più difficoltoso il procedimento di “incrocio” tra gli AirTag e gli iPhone in giro per la città. A ciò si assomma l’ulteriore considerazione della dinamicità dell’accaduto: la bici è sempre stata in movimento, incrementando conseguentemente il livello di difficoltà del rintracciamento.
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La quarta segnalazione è stata mostrata dopo trentatré minuti dal furto ed è qui che trova conclusione l’esperimento: la bici è stata fermata e riconosciuta dal proprietario dopo aver imboccato una stradina di una zona residenziale. Il test offre certamente un ottimo spunto per comprendere le potenzialità dell’accessorio di Apple. Quel dischetto tanto piccolo quanto grandioso nella sua rivoluzione pratica ed immediata. Perché così dev’essere il mondo hi-tech.
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