Siri registra gli utenti e trasmette le informazioni per la vendita dei dati: è quanto sostengono i querelanti della causa legale intrapresa contro Apple, che dovrà rispondere nuovamente alle accuse di violazione della privacy.
Apple è nuovamente protagonista di una causa legale sulla violazione della privacy degli utenti: questa volta, si tratta dell’assistente vocale di iOS, Siri, accusata di ascoltare senza autorizzazione le conversazioni degli utenti e di aver fornito i dati ad aziende di terze parti. La notizia, riportata sul sito della Reuters, rivela la legittimità legale delle accuse, riconosciuta dalla corte distrettuale di Oakland.
Tutto era partito da una class action depositata nel 2019 della quale Apple aveva richiesto l’archiviazione. Il giudice della corte distrettuale ha archiviato la parte relativa al danno economico degli utenti, ma ha riconosciuto la legittimità delle accuse di violazione della privacy. Si tratta di una problematica ampiamente diffusa, che riguarda anche altri assistenti vocali, come Google Assistant ed Alexa, sempre più presenti nelle case e nelle abitudini degli utenti: insieme ad essa, cresce il desiderio di vederci chiaro e ottenere le garanzie e trasparenza su come le informazioni siano gestite da parte delle società.
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I querelanti hanno il compito di dimostrare che le conversazioni private degli utenti finiscono nelle mani di inserzionisti pubblicitari. Il dubbio che i cellulari “spiino” gli utenti attraverso i microfoni, anche se spenti è presente da anni tra i consumatori, ma fin adesso nessuno è stato in grado di dimostrarlo.
Alcuni ricercatori della Northeastern University di Boston hanno invece scoperto che spesso le pubblicità che vengono proposte all’utenza sono dovute semplicemente alle attività svolte online, alle quali spesso non si fa caso, e non all’uso del microfono. Bisogna menzionare però che, in alcuni casi, le applicazioni segnalate registravano di nascosto lo schermo dei dispositivi.
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Tutte le aziende negano l’uso improprio della loro tecnologia. Apple sostiene di non aver venduto le registrazioni di Siri, che tra l’altro non sono associate ad un individuo identificabile, e di averle usate soltanto per migliorare il servizio.
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