Andy Jassy ai vertici dell’azienda dal 5 luglio: il creatore di AWS e braccio destro di Bezos dovrà mettere Amazon al riparo dai sempre più frequenti attacchi, interni ed esterni.
È unanimemente riconosciuto come uno dei migliori manager al mondo. È la mente dietro ad AWS. È da sempre “uomo Amazon”, non avendo mai lavorato per nessun altro. È il luogotenente più fidato di Jeff Bezos. Dal prossimo 5 luglio, giorno in cui il colosso dell’e-commerce compirà 27 anni, Andy Jassy erediterà la poltrona di Ceo e tutto il peso che una posizione del genere comporta. Vediamo meglio chi è il prescelto.
Il super manager Andy Jassy si è formato nella prestigiosa Harvard ed è entrato in Amazon nel 1997, subito dopo aver conseguito l’MBA. In pratica l’unico executive più “anziano” di lui è proprio Bezos, che aveva fondato la società solo tre anni prima. Nel 2006, Jassy inventa Amazon Web Services, inizialmente cloud per sviluppatori, dove le risorse possono essere stivate e consultate; oggi piattaforma di servizi virtuali scalabili a cui si affida oltre un terzo del mercato totale (Microsoft è intorno al 18%, Google al 9%).
Jassy è il Ceo di AWS dal 2016. Nell’ultimo quarto del 2020 ha superato anche il comparto e-commerce alla voce ricavi. Nel corso degli ultimi 15 anni il dirigente ha avuto il merito di mettere sotto contratto clienti di alto profilo, sia corporate che istituzionali, svolgendo al meglio le funzioni di commerciale di alto bordo. Ma Bezos lo ha voluto al timone per abilità che vanno ben al di là del marketing puro. E che di recente hanno portato concorrenti del calibro di Microsoft e Uber a fargli la corte.
La missione di Amazon è continuare a innovare e ad espandere le proprie attività nei campi più disparati. In questo senso, Jassy dovrà mettere a frutto le sue grandi capacità di business modelling e trasformazione aziendale per creare nuovi prodotti, migliorare quelli già esistenti, aprire nuovi mercati.
La sua personalità sembra l’ideale per affrontare le sfide a sfondo sociale, essendosi schierato sia a favore dei diritti della comunità LGBT che del movimento Black Lives Matter. Ma non senza qualche ombra: all’epoca aveva difeso la tecnologia di riconoscimento facciale di Amazon, Rekognition, usata dalle forze dell’ordine e accusata di penalizzare proprio la comunità afroamericana.
Ma la fama di manager eccezionale (“outstanding”, come lo ha definito Bezos) dovrà essere confermata alla prova dei fatti anche in campi ben più spinosi. Alla stessa stregua delle altre realtà di Big Tech, anche Amazon è nel mirino delle istituzioni americane ed europee, che gli contestano atteggiamenti e pratiche da monopolista che osteggiano il libero mercato.
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E le minacce legali non sono solo esterne. La larga base di dipendenti e collaboratori meno qualificati si sentono non a sproposito sfruttati. Dai magazzinieri agli spedizionieri, l’esercito di soldati semplici di Amazon è vessato dal meccanismo di Amazon Prime, che garantisce il migliore trattamento per il cliente, ma impone ritmi serrati e spesso insostenibili per i lavoratori.
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Istanze che, unite al trattamento economico spesso inadeguato, hanno promosso l’esigenza di un sindacato. Per ora non se ne è fatto nulla, visto che gli stessi lavoratori hanno votato contro, complici – si mormora – anche le pressioni dell’azienda. Ma certo la questione non è chiusa. Dal prossimo 5 luglio toccherà a Andy Jassy occuparsene.
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