L’Agcom multa Tim e Vodafone per cambiamento unilaterale delle offerte, scarsa trasparenza e costi nascosti. Entrambe le sanzioni ammontano a poco meno di un milione di euro.
L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha sanzionato Tim e Vodafone per aver imposto cambiamenti unilaterali delle offerte in corso ai propri clienti e per scarsa trasparenza. Tim dovrà pagare una multa di 928 mila euro per rimodulazione degli accordi con gli utenti, mentre la sanzione pecuniaria comminata a Vodafone ammonta a 773 mila euro ed è dovuta a comunicazioni fuorvianti in merito ai prezzi delle offerte. Una buona notizia per i consumatori, troppo spesso vessati da pagamenti non messi in conto al momento di stipulare un accordo con un gestore.
Entrambe le sentenze risalgono alle scorse settimane, ma sono state notificate dall’Autorità solo il 19 gennaio 2021. A Vodafone, condannata al pagamento della somma il 17 dicembre 2020, è stata contestata la scarsa trasparenza nella pubblicità dell’offerta per rete fissa Internet Unlimited. Nonostante questa sia stata promossa come all-inclusive, il costo mensile comprende anche il prezzo del servizio Vodafone Ready calcolato su 48 mesi, invece che sui 24 menzionati nell’offerta. In caso di recesso entro i due anni, inoltre, il cliente si vede addebitati costi che in teoria avrebbero dovuto essere interamente scontati. La comunicazione di Vodafone era inoltre fuorviante anche perché non precisava i costi di attivazione né quelli relativi all’attrezzatura.
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Dal canto suo, invece, Tim si sarebbe resa colpevole di aver rimodulato unilateralmente i piani a consumo di “una vasta platea di clienti” a partire dal 29 febbraio 2020, trasformandoli di fatto in piani a costo fisso mensile di 1,99 euro. Gli utenti dunque hanno pagato una tariffa differente da quella scelta al momento dell’adesione. Nonostante i tentativi di azzerare le brutte sorprese per i propri clienti, Tim non avrebbe ancora cancellato questo servizio.
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La sentenza dell’Agcom punisce TIM per una “pretesa modifica contrattuale” che, addebitando il costo mensile, ha posto “in essere, invece, una vera e propria “novazione” del contratto sotto il profilo oggettivo, introducendo una condizione contrattuale ex novo che ne ha mutato radicalmente la natura (da piano “a consumo” a piano con costo fisso mensile). Non si tratta cioè di una semplice modifica nei termini dello stesso contratto, ma proprio di un contratto di altro tipo.
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