App di videochiamate spiano gli utenti: l’inquietante scoperta da un recente studio

Le app di videoconferenze continuano a intercettare il flusso audio nonostante il muto nelle chat? La risposta proveniente da uno studio ha sollevato diversi preoccupanti interrogativi

Quanto sono sicure le app di videochiamate? La risposta ha spesso generato vari dibattiti e perplessità, nonostante le rassicurazioni di chi ha sempre respinto al mittente qualsiasi abuso o ripercussione in punto di privacy personale. Eppure, un recente studio affrontato dall’University of Wisconsin-Madison è tornato ad accendere i riflettori sul tema, con conseguenze non propriamente positive.

App di videoconferenze spiano utenti
I dubbi sulla riservatezza nelle app di videoconferenze (Unsplash)

La domanda delle domande è la seguente: le app di videochiamate ci spiano? In particolare, il dubbio nasce soprattutto sulla parte audio: questi applicativi continuano ad ascoltare l’utente – sfruttando dunque impropriamente i microfoni del dispositivo sorgente, come il PC, lo smartphone, il tablet o lo smart speaker – anche se l’audio è stato disattivato (il cosiddetto muto)? A questa domanda hanno voluto dar risposta alcuni studiosi e le conseguenze, peraltro scoperte quasi casualmente, pongono grossi problemi sulla riservatezza e sulla privacy personale.

Accade spesso che le grandi rilevazioni vengono scoperte quasi casualmente, e così è stato anche stavolta. Un esperto della privacy, Kassem Fawaz, ha notato infatti che la spia del microfono del suo dispositivo era rimasta accesa durante il corso di una videoconferenza, nonostante l’inserimento del muto. Incuriosito – ma aggiungeremmo noi anche preoccupato – dall’accaduto, inizia a indagare e la scoperta lascia sorpresi: la maggior parte delle app di videochiamata “non rinuncia a utilizzare il microfono” anche quando l’utente ha impostato il muto. Non importa il dispositivo, perché il risultato è sempre lo stesso: si tratti di uno smartphone Android o di un tablet Apple, oppure un PC Windows o un Mac. “E questo è un grosso problema”, ha aggiunto l’autore dello studio. È un problema perché tutto accade alle spalle dell’utente, senza che questo se ne accorga. Potrebbe accorgersene agevolmente se l’app continua ad utilizzare la parte video – Android e iOS hanno peraltro introdotto degli utili controlli per vedere immediatamente se una determinata app sta accedendo alla fotocamera – diverso sembra il discorso per ciò che concerne l’uso dei microfoni.

Lo studio e il pensiero degli intervistati

App di videoconferenze spiano utenti
L’indagine di uno studio solleva problemi di privacy con le app di videoconferenze (Unsplash)

Lo studio ha quindi confezionato una capillare raccolta di dati, chiamando all’appello anche gli utenti. In particolare, 223 persone che utilizzano app di videoconferenza sono stati chiamati a rispondere a un semplice interrogativo: i microfoni dello smartphone, del tablet o del PC restano veramente spenti dopo aver inserito il muto nella call? Nella maggior parte dei casi, la risposta è stata all’insegna della fiducia, ma c’è chi si è dimostrato diffidente e sospettoso sul fatto che le app di videoconferenza possano utilizzare impropriamente la parte audio.

Lo studio è proseguito poi per verificare quale tipologia di dati viene raccolta a microfono spento dalle app di videoconferenza. E si è scoperto che tutte le app sottoposte a test raccoglievano “occasionalmente” il flusso dati audio nonostante sia stata attivata la funzione mute on.

Come risolvere il problema? Fermo restando che il risultato integrale della ricerca sarà svelato nei prossimi mesi, gli esperti di privacy ritengono che un possibile argine rispetto alla spinosa questione potrebbe esser quello di implementare un tasto di disattivazione del microfono “a livello di sistema”. In buona sostanza, basterebbe un semplice clic per inibire a qualsiasi applicativo di accedere al microfono del dispositivo. Non si tratterebbe di una novità assoluta, considerato che questa funzione è già presente in molti smartphone, seppure nascosta e difficilmente rinvenibile. Riportarla in auge o agevolarne la scoperta rappresenterebbe un rimedio decisivo per tutelare la nostra riservatezza rispetto all’uso indebito della parte audio delle app di videoconferenza.

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