Il Garante della Privacy scende in campo contro le app pirata per la verifica del Green Pass: “un problema per la sicurezza degli utenti”
Il Garante della Privacy punta il dito contro le app pirata per la verifica del Green Pass. Un fenomeno abusivo che convive sin dall’esordio ufficiale del certificato verde sanitario, tra stratagemmi ai limiti della legalità e storture che potrebbero anche provocare degli importanti riflessi negativi alla sicurezza dei dati personali. In una nota pubblicata in queste ore, l’Autorità è voluta correre ai ripari, ufficializzato l’apertura di un’indagine avente lo scopo di far chiarezza sulle applicazioni ritenute non in regola dopo il loro proliferare all’interno degli store online.
Il Garante ha innanzitutto ricordato che l’app di verifica rilasciata dal Ministero della Salute (VerificaC19) costituisce l’unico ed esclusivo strumento in grado di garantire la tutela della privacy degli utenti. Una precisazione resa necessaria dopo che diversi produttori e sviluppatori hanno messo a disposizione delle applicazioni di verifica del Green Pass che potrebbero provocare ripercussioni sui dati personali di chi le scarica: basta una semplice lettura del codice QR per avere accesso a informazioni particolarmente personali come nome, cognome, data di nascita e persino dosi o tamponi effettuati.
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Come spiegato in una nota ufficiale, in alcuni casi tali applicazioni richiedono una registrazione per il download e, soprattutto, trasferiscono i dati personali a terzi, con conseguenze dunque non trascurabili sulla privacy dei cittadini. Da qui trova così giustificazione il monito lanciato dall’Autorità, che esorta gli utenti a non scaricare queste app, dal momento che contrarie rispetto alle disposizioni di legge, che legittimano appunto la piattaforma VerificaC19 come unico strumento (peraltro contornato da tutti i crismi della sicurezza) di verifica del Green Pass. L’app segue peraltro le norme imposte dall’UE in materia di trattamento dei dati personali, pur diminuendo il numero di informazioni visualizzabili dall’operatore, compromesso appunto necessario per garantire la riservatezza dell’utente.
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Un nuovo rischio insomma per la sicurezza dei dati personali sui quali il Garante vuole adesso vedere chiaro.
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