Apple Music supera Spotify in fatto di ricavi corrisposti agli artisti. Resta tuttavia ancora presente il diverso scarto di utenza, inequivocabilmente appannaggio della piattaforma svedese.
Apple Music non è ancora riuscita ad eguagliare il successo di Spotify, ma c’è tuttavia un dato che sembra premiare la piattaforma di Cupertino a discapito del suo più importante rivale: la monetizzazione degli artisti. Un dettaglio certamente di non poco conto e che potrebbe mutare le future gerarchie dell’industria di streaming musicale. Come riportato da MacRumors, il Wall Street Journal ha infatti condiviso una lettera aperta di Apple in cui viene fatta chiarezza sui guadagni indirizzati ai titolari dei diritti musicali.
Un dato appare in quest’ottica inequivocabile: gli emolumenti versati da Apple Music agli artisti sono pressoché doppi rispetto a quelli corrisposti da Spotify. Per gli amanti dei numeri, la differenza è di un centesimo di dollaro per ogni brano riprodotto, contro la media di un terzo o mezzo centesimo di dollaro elargito invece dalla piattaforma svedese. I pagamenti vengono inoltre effettuati da Apple attingendo al tesoretto versato ogni mese dagli abbonati al servizio.
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Oltre i dati numerici
Al di là delle fredde cifre, vale la pena abbozzare qualche dettaglio ricostruttivo a beneficio di una maggiore completezza. I guadagni sopra indicati non vengono versati integralmente ai titolari dei diritti musicali, ma spartiti in varia misura con tutti gli attori coinvolti nella produzione musicale (si pensi, a titolo esemplificativo, ai publisher): va da sé, pertanto, che il giro d’affari degli artisti è ancora minore del centesimo o del mezzo centesimo di dollaro per brano di cui s’è fatto cenno qualche riga sopra.
In seconda battuta, bisogna anche tener conto del diverso traffico d’utenza che coinvolge ambedue le piattaforme. Sebbene Apple Music abbia assunto una certa popolarità, i numeri di Spotify sono senz’altro mastodontici, ammontanti – stando alle ultime rilevazioni relative al 2020 – a 155 milioni di utenti paganti e 345 milioni di consumatori attivi mensilmente (inclusi perciò anche quelli che utilizzano il servizio in via gratuita). Di conseguenza, lo scarto in termini di monetizzazione viene sostanzialmente recuperato da Spotify a fronte di un potenziale più alto numero di riproduzione dei brani musicali. Il centesimo od il mezzo centesimo funge infatti da moltiplicatore, ma a far la differenza è anche e soprattutto la quantità con cui una singola traccia viene riprodotta. E qui la piattaforma svedese ha ancora la meglio rispetto al servizio della “mela”.
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Certo è che lo scarto resta comunque notevole e chissà che non possa contribuire a migliorare il successo di Apple Music.