L’Apple Store di Portland ha deciso di preservare il murales dedicato alla memoria di Floyd e al movimento Black Lives Matter. Firmato da diversi artisti e da comuni cittadini, la storica icona sarà una donazione. Presto ulteriori dettagli.
Apple ha deciso di conservare il murales simbolo del movimento Black Lives Matter che copre le vetrate danneggiate del suo Store di Portland. Il murales raffigura George Floyd, l’afroamericano brutalmente assassinato dalla polizia a Minneapolis lo scorso maggio. L’evento fece scoppiare la protesta in tutti gli Stati Uniti e l’Apple Store di Portland, che aveva da poco riaperto i battenti dopo la chiusura per Covid, fu colpito dalla rabbia dei manifestanti. Da qui, l’esigenza di erigere una parete di legno a protezione del negozio.
Il murales è stato creato giorno dopo giorno grazie allo sforzo collettivo di artisti e cittadini comuni. A dare il via è stato il primo giugno 2020 il Flat Rabbit Studio di Emma Berger. La Berger ha dipinto sui pannelli l’effige di George Floyd, e di Ahmaud Arbery e Breonna Taylor, altre due vittime di odio razziale afroamericane. Da allora, il murales di Portland è diventato uno dei luoghi simbolo di Black Lives Matter ed è considerato da Apple, e non solo, un “historic Artwork”.
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Apple sposa la causa di BLM: il murales su Floyd diventa una donazione. Attesa per i dettagli
Proprio perché si tratta di un’opera d’arte con evidente valore di testimonianza storica, il murales farà parte di una donazione i cui dettagli saranno illustrati nelle prossime settimane dalla stessa azienda di Cupertino. Apple ha annunciato le sue intenzioni alla testata locale Oregonian/OregonLive. Innanzitutto il dipinto verrà preservato “con delle lastre di compensato”. Ma questo è solo il primo passo, visto che a inizio 2021 sarà reso pubblico un piano a lungo termine. Cresce l’attesa per conoscere il nome del destinatario della donazione.
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Il Murales dedicato alla memoria di Floyd, Arbery e Taylor che tappezza l’Apple Store di Portland è un’opera d’arte collettiva. Per via di questa sua valenza collaborativa, è diventato il luogo simbolo dove artisti e comuni cittadini testimoniano ogni giorno il proprio impegno contro il razzismo. Almeno così la vede la Berger, che non ha la minima intenzione di rivendicare alcuna maternità dell’opera. La firma dietro al Flat Rabbit Studio di Portland si dice “fiera di ciò che è diventato” il dipinto, la cui gloria risiede “non in quello che ho fatto io – afferma la pittrice -, ma nel contributo che tutti hanno dato”.