Bambini e smartphone. Oggi siamo abituati a vedere anche i piccolissimi utilizzare con estrema naturalezza, anche più degli adulti, i device, ma quali rischi possono correre?
Si tratta di un argomento molto delicato, perché da un lato abbiamo di fronte un processo di digitalizzazione umana sempre più spinto e inevitabile, dall’altra è preoccupante l’utilizzo eccessivo dei dispositivi elettronici, soprattutto nei bambini in età pediatrica.
Una ricerca effettuata dal Csb, il Centro saluto del bambino, onlus con sede a Trieste, ha analizzato i comportamenti in 1300 nuclei familiari sparsi lungo il tutto l’Italia. Dall’analisi è emerso che il 30% dei genitori lascia qualche volta in mano il cellulare a bambini sotto i 12 mesi. questa percentuale cresce con lo sviluppo e si stabilizza al 60% nella fascia tra i 12 e i 24 mesi. Perché lo facciamo? il 30% delle famiglie con figli sotto l’anno ammette che è una scelta per calmarli e ancora una volta la percentuale sale al 60% nella fascia superiore. Per fortuna il 70% dei papà e delle mamme dichiara che l’utilizzo di smartphone e tablet avviene assieme ai figli, che non vengono quindi lasciati soli nell’utilizzo. La domanda che tutti si pongono è però se a prevalere sono i benefici o i potenziali danni, sia psicologici che di maturazione e attenzione. Per questo abbiamo voluto coinvolgere un’esperta per capire quali sono i comportamenti sani e quelli da evitare.
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Non c’è un giusto o uno sbagliato assoluti. La tecnologia può essere un grande stimolo di crescita, come del resto la dipendenza può allontanare dalla realtà.
Per Francesca Castro psicoterapeuta che lavora quotidianamente con adolescenti e bambini, “Se l’uso del telefono altera comportamenti fisiologici quali l’alimentazione ed il ritmo sonno veglia, se c’è un impatto sulle prestazioni scolastiche, se non ci sono relazioni reali ma solo virtuali, se si riscontra quello che viene chiamato FOMO (Fear of missing out), cioè l’ansia di perdere il contatto con gli altri in rete, allora è evidente che una difficoltà c’è”.
Esiste quindi un punto di equilibrio e per questo i device elettronici non vanno demonizzati a prescindere, “anche perché il nostro linguaggio oggi passa anche da lì”, spiega la psicoterapeuta. “L’esempio è quello del lockdown, periodo in cui tutta la nostra vita è passata attraverso la rete. Quindi non tutto è negativo”. Anche per i bambini ci possono essere spunti interessanti: “Usati in modo equilibrato, smartphone e tablet possono essere uno stimolo audiovisivo interessante, ma chiaramente un utilizzo troppo esteso nel tempo, per un bambino in evoluzione, rischia di far evolvere alcune aree del cervello rispetto ad altre. Penso ad esempio alla corteccia visiva”.
Non è l’unico rischio: “Un utilizzo massiccio può favorire la dissociazione. Mangiare davanti a uno schermo è grave, perché non si crea un rapporto sano con il cibo e questo provoca diversi disturbi alimentari, ma possono esserci anche problemi di tipo relazionale – sottolinea la dottoressa Castro -. L’uso per “alleviare” l’impegno dei genitori e dargli un momento di sollievo è accettabile, ma deve considerarsi limitato nel tempo e occasionale, serve forte flessibilità”.
Ma cosa significa, nella sostanza, diventare dipendenti? “Parliamo di una persona, o di un bambino, che al di fuori di una particolare azione non ha la capacità di stare al mondo. Per i più piccoli si nota dalla disorganizzazione, senza smartphone o tablet si perdono”.
Quali sono invece gli indizi a cui bisogna prestare attenzione? “Un preadolescente potrebbe non distinguere un comportamento congruo e potrebbe confonderlo con i video che vede. Tutto sta a vedere se lui, bambino o preadolescente, è capace di discernere tra virtuale e reale. Soprattutto è pericolosa la passività, se non ci sono altri interessi al di fuori di quel mondo”.
Alla fine la responsabilità è dei genitori, che hanno cambiato totalmente l’approccio rispetto ai loro: “Quando ho iniziato la professione papà e mamme si preoccupavano perché i figli uscivano troppo, oggi accade esattamente il contrario – spiega ancora la psicoterapeuta -. Ma che educazione tecnologica c’è in famiglia? Servono comportamenti coerenti, è inutile obbligare il figlio a spegnere il cellulare durante la notte mentre il genitore lo lascia acceso sul comodino. Serve un uso consapevole, ricordandoci però che la vecchia generazione non è nativa digitale, rispetto a quella attuale”.
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