Così diffuso a tal punto da diventare elemento marginale nelle schede tecniche degli smartphone, il Bluetooth vanta una storia più che millenaria: di seguito, un breve excursus sulle origini del nome e del simbolo di una delle tecnologie più in voga nella nostra vita quotidiana.
Ci sono nomi ormai entrati nel vocabolario di tutti, anche dei meno tecnologici. Il Bluetooth, ad esempio, rientra certamente in questa speciale categoria, alla stregua di parole come “WiFi” e “USB“. Si tratta di termini, per inciso, di cui si conosce appieno il significato, pur ignorando la loro provenienza: li utilizziamo (e sappiamo a che cosa servono) in quanto fanno parte delle cose della nostra vita quotidiana (in particolar modo, gli smartphone e i computer). Eppure, tali definizioni nascondono sovente storie mitologiche particolarissime che risalgono addirittura a più di un millennio.
Si pensi, ad esempio, alla parola Bluetooth, mutuata sin dai vecchi telefoni cellulari e coniata per la prima volta nell’ormai lontano 1994 dalla compagnia svedese Ericsson (peraltro tra i più in voga leader degli antenati degli smartphone). Tale termine fa riferimento ad una tecnologia – estesa di recente sino ad abbracciare prodotti catalogati a meri accessori, come le cuffie e gli smartwatch – che mette in relazione due dispositivi vicini, i quali possono così scambiarsi informazioni a corto raggio mediante la ricezione di apposite frequenze radio (e senza perciò la necessità di doversi avvalere di un dispositivo che faccia da tramite).
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Perché si è scelto proprio il nome Bluetooth e non un appellativo diverso? Le origini del termine offrono senza dubbio una risposta suggestiva, oltre che estremamente interessante: Ericsson, infatti, ha voluto utilizzare – quasi a celebrare l’accadimento storico – l’epiteto di un re scandinavo vissuto nel ‘900 e ricordato per aver unificato la Danimarca (finanche sotto il versante religioso, stante l’introduzione del cristianesimo nel paese), in precedenza spezzettata secondo svariate tribù in lotta tra loro. In effetti, il paragone si rivela quanto mai azzeccato: sulla falsariga delle gesta del regnante, il Bluetooth si propone di riunire due cellulari sotto un unico paradigma di comunicazione.
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In particolare, il nome della tecnologia di cui si sta indagando deriva dal soprannome del re scandinavo (Aroldo I), ossia “Blåtand“, che tradotto in inglese corrisponde per l’appunto a “Bluetooth“. Anche la scelta del simbolo non è del tutto casuale e rimanda alle antiche rune scandinave: nel caso di specie, l’icona stilizzata messa a punto da Ericsson non è altro che la sommatoria di due rune, cioè Hagall (l’equivalente della nostra “H”) e Bjarken (corrispondente invece alla “B)”. Anche qui, vi è un sostanziale richiamo alle gesta del regnante della Danimarca: infatti, HB non sono altro che le iniziali di Harald (ossia Aroldo I) e Blåtand, l’epiteto del sovrano.
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