Un po’ inchiesta, un po’ j’accuse. Mark Zuckerberg avrebbe fatto figli e figliastri sulla piattaforma social statunitense, fondata nel 2004 insieme a Eduardo Saverin, Andrew McCollum, Dustin Moskovitz e Chris Hughes, che controlla anche i servizi di Instagram e la messaggistica istantanea WhatsApp, sviluppando perfino i visori di realtà virtuale Oculus Rift.
Facebook viene accusato dal Wall Street Journal di aver permesso ad alcuni VIP di infrangere le regole sulla identità, consapevole di come anche su Instagram influenzasse la salute mentale degli adolescenti.
L’informatore che ha portato alla luce tale informazione si è rivelata come Frances Haugen ed è uscita allo scoperto in un’intervista a 60 Minutes, come riportato anche dal New York Times: “Ho visto un sacco di social network, ma su facebook è peggio” tuona Haugen a 60 Minutes. “Facebook, più e più volte, ha dimostrato di preferire il profitto alla sicurezza“.
Rilascio di informazioni, incitamento all’odio: Facebook, di tutto e di più?
Affermazioni, a quanto pare, credibili, visto che Frances Haugen è entrata a far parte di Facebook nel 2019, lavorando su questioni di democrazia e disinformazione, gestendo anche il controspionaggio, secondo un sito web personale e un account Twitter appositamente creato da lei e dal suo team. Ha lavorato perfino come product manager di Facebook, lasciando il colosso di Menlo Park a maggio.
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Hauge continua con le rivelazioni choccanti. “Per prima cosa ha portato decine di migliaia di pagine di documenti interni di Facebook al fondatore di Whistleblower Aid John Tye, richiedendo protezione legale e aiuto nel rilascio delle informazioni – rivela – il rapporto includeva ricerche interne all’azienda, diapositive, lettere di presentazione e altro ancora. Ha anche presentato una denuncia alla Securities and Exchange Commission (SEC), accusando Facebook di aver intrapreso azioni interne che non corrispondevano alle sue dichiarazioni pubbliche”.
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Nella denuncia alla SEC, Frances Haugen ha confrontato la ricerca e i documenti interni di Facebook con le dichiarazioni pubbliche e le divulgazioni fatte dal CEO Mark Zuckerberg, seguite da altri dirigenti: il più noto social al mondo avrebbe contribuito alla disinformazione elettorale e all’insurrezione del “Campidoglio degli Stati Uniti”, lo scorso 6 gennaio.
“Facebook ha pubblicizzato il suo lavoro per combattere la disinformazione e l’estremismo violento relativi alle elezioni e all’insurrezione del 2020 – ha scritto scritto in una lettera di presentazione sull’argomento – in realtà, Facebook sapeva che i suoi algoritmi e le sue piattaforme promuovevano questo tipo di contenuti dannosi e non è riuscito a implementare contromisure raccomandate o durevoli internamente“.
Haugen continua così alimenta il fuoco della polemica: “La sua stessa ricerca sta dimostrando che i suoi contenuti, che sono odiosi, che dividono e polarizzano, arrivano alle persone per infondere rabbia, piuttosto che altre emozioni. Facebook si è reso conto che se cambiano l’algoritmo per essere più sicuri, le persone trascorreranno meno tempo sul sito, cliccheranno su meno annunci e guadagneranno meno”.