Una proposta avanzata dal governo potrebbe obbligare i cittadini italiani a pagare il cosiddetto Canone RAI, esteso non solo ai possessori di una tivvù, ma allargando l’estensione anche a chi ha smartphone, tablet e PC. Se n’è parlato tanto, di recente, solo che quella proposta legislativa è tornata di moda.
E’ stato proprio Carlo Fuortes a ritirare fuori una questione a quanto pare solo sopita, in occasione di un’audizione della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
“Più noi spingeremo sulle piattaforme digitali – dice l’amministratore delegato della RAI – in uno stralcio del suo intervento – più il pubblico si sposterà su quei mezzi e teoricamente potrebbe non pagare il canone”. Parole che fanno tremare molti cittadini italiani, che hanno sempre storto il naso davanti al Canone RAI.
Al di là dell’occasione per far pagare nuove tasse ai cittadini, c’è un problema di fondo. La rivoluzione del digitale terrestre, ma più in generale l’obbligo di rendere qualsiasi programma fruibili dagli utenti in digitali costringe la tv di Stato a fornire questi servizi, per cui non è imposto, attualmente, nessun canone. Le norme italiane attuali prevedono il versamento solo da parte di chi possiede un apparecchio atto o adattabile alla ricezione delle radioaudizioni (secondo una legge del 1938), escludendo di fatto tutti i device multimediali sui quali però Rai, da contratto, è tenuta a distribuire i propri contenuti.
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Foschi presagi, dunque. L’intervento dell’amministratore delegato RAI può essere letto come una pressione nei confronti del governo: se quella che per ora è sola una proposta diventasse norma, i cittadini italiani avrebbero un’altra spesa sul gruppone. Magari non per il 2022, i tempi tecnici non dovrebbero apportare cambiamenti, ma proprio quando inizierà ufficialmente l’era del DVB-T2 (il digitale terrestre di nuova generazione) potrebbero arrivare un’altra mazzata per le tasche già dissanguate dei malcapitati cittadini.
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A proposito di rivoluzione del Digitale Terrestre. Dallo scorso 15 novembre, l’Italia è stata divisa in quattro aree. Dopo l’apripista Sardegna (Area A1) per cui la RAI attiverà nuove frequenze per i Mux con il nuovo anno (previsti dal 3 al 10 gennaio), toccherà (fino a 15 marzo) a Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, tranne la provincia di Mantova, provincia di Piacenza, provincia di Trento, provincia di Bolzano (Area 2), Veneto, provincia di Mantova, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, tranne la provincia di Piacenza (Area 3), fare le prove tecniche per lo switch definitivo verso il DVB-T2, previsto per fine 2022. Almeno fino a prova contraria.
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