Come gestire la dipendenza da smartphone.

Da uno studio della Penn State Harrisburg University è emerso che i giovani ammettono di aver usato il proprio smartphone durante il sesso, durante una funzione religiosa e addirittura durante un funerale.

Lo sviluppo del mercato della telefonia mobile ha dato il via ad importanti trasformazioni che riguardano le funzioni sociali e psicologiche che il telefonino attualmente assolve e che sono diventate molteplici rispetto  all’inizio, quando il cellulare era uno strumento che aveva semplicemente la funzione di rendere rintracciabili in tempo reale utenti come, ad esempio,  medici,  tecnici, o rappresentanti.

Insieme all’aumento delle funzioni tecniche del telefonino sono mutate anche le sue funzioni sociali e psicologiche, al punto che oggi il cellulare è diventato uno strumento indispensabile che organizza e gestisce quasi ogni ambito della vita: il lavoro, grazie all’utilizzo di agende, sveglie, rubriche e orologio; il tempo libero, grazie ai giochi, alle fotocamere e videocamere.

Senza quasi rendercene conto, ad un certo punto il telefonino è diventato lo strumento per soddisfare un bisogno comune di essere vicini ai propri cari e di controllare le proprie ansie che emergono nel rapportarsi con i propri cari, amanti ed amici cambiando radicalmente le relazioni quotidiane. Oggi il cellulare favorisce  e moltiplica sia le occasioni di intimità, sia la violazione degli spazi personali propri ed altrui.

Il telefonino è quindi una modalità di comunicazione che si basa sulla velocità e facilità nel contattare e relazionarsi con un’altra persona, ma che presenta dei rischi, in particolare per i ragazzi e per le persone che tendono a sviluppare dipendenze psicologiche e per quelle che sono già assuefatte dalla propria attività lavorativa.

La rivista Social Science Journal ha pubblicato uno studio della Penn State Harrisburg University, in cui  sono stati intervistati ragazzi con un’età media sotto i 20 anni ed ai quali è stato chiesto di compilare un questionario di 70 domande. Nel questionario sono stati trattati diversi temi ed una delle domande che è stata posta ai partecipanti riguardava l’utilizzo del proprio cellulare in 33 situazioni considerate inopportune.

Dall’elaborazione delle risposte si è rilevato che più di  un terzo dei giovani aveva ricevuto o mandato oltre 100 messaggi al giorno, mentre si trovava a controllare il telefono circa 16 volte nell’arco di un’ora. Infatti, il 90% dei partecipanti allo studio ha dichiarato di aver utilizzato lo smartphone mentre mangiava, l’80% mentre era in bagno, il 70% al cinema e il 75% al lavoro, oppure durante una lezione universitaria oppure a scuola. Inoltre,  il 7% dei giovani ammette di aver avuto questi comportamenti durante il sesso, il 20% durante una funzione religiosa ed il 10% durante un funerale.

Il telefonino ha fatto la sua apparizione negli anni Novanta e veniva utilizzato per la sua funzione specifica di strumento di comunicazione, ma attualmente questo dispositivo tecnologico è diventato molto di più di un semplice telefono al punto da cambiare anche il nome; infatti lo smartphone ha aggiunto diverse nuove funzioni, sia sociali che psicologiche:

  • Essere la soluzione ad un problema personale che riguarda le proprie insicurezze, come la paura del rifiuto, svolgendo la funzione di sostegno ed azzerando la distanza nella comunicazione e nelle relazioni. Tramite questo dispositivo si può infatti contattare gli altri proteggendosi dal disagio emotivo di un contatto diretto. In particolar modo gli adolescenti utilizzano lo smartphone e le varie applicazioni ad esso connesse per affrontare la propria insicurezza nel relazionarsi, soprattutto nella fase iniziale di conoscenza.
  • Farci sentire vicini in modo costante alle persone care, coprendo l’ansia e la distanza che ci separa gli uni dagli altri. I genitori usano il telefonino per soddisfare il proprio bisogno di restare in contatto con i propri figli, ma molti di essi lo utilizzano anche per controllarli, trasformandolo in un guinzaglio tecnologico.
  • Svolgere la funzione psicologica di “ansiolitico multimediale”. Lo strumento tecnico, che ha la capacità di riempire i propri buchi emotivi, essendo sempre a portata di mano, può causare dipendenza grazie alla sua capacità di diventare un surrogato della presenza di un essere umano. L’investimento affettivo che viene effettuato sul cellulare potrebbe provocare nell’utente un attacco di ansia nel caso in cui il dispositivo dovesse malauguratamente esaurire la carica, o guastarsi, o essere dimenticato a casa, privandolo dell’unico modo di entrare in relazione.
  •  Mantenere gli altri e la realtà costantemente presenti.  Una conseguenza di questa funzione del cellulare è che l’altro non viene mai sperimentato come assente, causando  l’impossibilità di vivere la dimensione della separazione, esperienza fondamentale per la costruzione della propria identità. Il prezzo di tutto ciò consiste nell’incapacità di sostenere la lontananza e il distacco e di sperimentarli come spazi in cui è possibile coltivare la fantasia e le immagini interiori. 

Come dimostrano anche altre ricerche, il telefonino è diventato uno strumento tecnologico di sempre maggiore utilizzo, verso il quale si può sviluppare una vera e propria forma di dipendenza, infatti aumentano sempre di più i casi di quella che viene definita “nomofobia” o anche “cellular-addiction”  (o smartphone-addiction).

Il termine “nomofobia” si riferisce ad una condizione di forte ansia e di paura di rimanere senza connessione, senza telefonino e di non poter accedere alla rete in ogni momento, non potendo più essere in contatto con gli altri e col mondo. Dietro a questa paura si nasconde una ferita da abbandono e la paura della solitudine e del vuoto, che si può presentare come un’eccessiva forma di attaccamento alle nuove tecnologie, sfociando a volte in una vera e propria forma di dipendenza.

Generalmente si parla di dipendenza da smartphone o “nomofobia”, quando  il traffico telefonico quotidiano di un individuo, costituito da chiamate e sms sia in entrata che in uscita, ammonta più o meno a 300 contatti;  quando sono presenti lunghe conversazioni, o un numero elevato di comunicazioni giornaliere con poche persone;  quando l’uso eccessivo è dato dall’utilizzo di altre funzioni presenti nel cellulare.

Ecco i sintomi della “dipendenza da telefonino”:

  • La maggior parte del proprio tempo viene dedicata ad attività collegate all’uso dello smartphone (telefonate, sms, giochi, navigazione in internet, uso di camere, videocamere), svolte in modo esclusivo o in concomitanza con altre attività;
  • Acquisto continuo di nuovi modelli di cellulare, spendendo elevate somme di denaro per avere un modello sempre all’avanguardia e con le funzioni più innovative;
  • Sintomi fisici collegati all’abuso del telefonino, come ad esempio: mal di testa, vertigini, dolori al viso o all’orecchio;
  • Eccessivo affetto verso il cellulare che viene espresso con la resistenza ad allontanarsene anche temporaneamente;
  • Uso del telefonino come strumento per soddisfare bisogni affettivi e relazionali, come protezione nell’entrare in contatto con gli altri, o come principale mezzo per comunicare con gli altri;
  • Sperimentazione di stati di ansia, mancanza, o tristezza se il telefonino è scarico o se non funziona;
  • Utilizzo del telefonino come strumento di controllo nelle relazioni sentimentali e affettive;
  •  Incapacità di mantenere dei periodi di silenzio o di assenza di contatto e di comunicazione con qualcuno;
  • Tendenza ad utilizzare il telefonino per tenere sotto controllo alcune paure, come ad esempio quella della solitudine, insicurezze o crisi d’ansia;
  • Abitudine di mantenere il dispositivo acceso anche di notte per controllare l’arrivo di short message o di chiamate.

La dipendenza dal telefonino si associa spesso ad altre dipendenze, come ad esempio la sindrome da shopping e la dipendenza affettiva, la videomania e la “sindrome del Selfie”, le quali possono manifestarsi come acquisti compulsivi nel settore della telefonia (telefonini, accessori e offerte telefoniche).

Secondo la  psicologa e psicoterapeuta Michela Romano, del Centro Medico Santagostino di Milano il mondo dei giovani è il più a rischio di sviluppare un utilizzo patologico dei cellulari; si deve cercare, quindi, di fare un lavoro di prevenzione e di educazione e magari comprendere, attraverso un programma terapeutico, i problemi che hanno innescato tale dipendenza.

La dipendenza dai telefonini e da internet, come le altre dipendenze ed assuefazioni, può essere controllata attraverso alcuni passi:

  1. Proviamo a  portare noi stessi, con gentilezza, verso una maggiore comprensione della nostra assuefazione e verso una maggiore padronanza delle nostre azioni. Siccome adottare un atteggiamento rigido è controproducente, proviamo a fare a meno del nostro smartphone  per poco tempo il primo giorno (ad esempio dieci minuti) e aumentando di cinque minuti ogni giorno.
  2. Cerchiamo di svolgere attività piacevoli non connesse all’uso del cellulare, come passeggiare all’aria aperta, o guardare un film, oppure trovare degli spazi, da soli o in compagnia dei nostri cari,  in cui ci sentiamo vitali,  in modo da rieducarci per gradi ad una condizione di non essere costantemente connessi o reperibili.
  3. Se ci rendiamo conto che il nostro bisogno di essere connessi è eccessivo,  programmiamo uno o due momenti durante la giornata, come ad esempio durante la pausa pranzo e la sera dopo cena, in cui concentreremo tutte le attività on line. 
  4. Troviamo un ambiente che fornisca un sostegno per la crescita, come ad esempio facendo un percorso di counseling o psicoterapeutico. Infatti, anche  se siamo molto disciplinati, da soli non possiamo farcela. Senza questo sostegno perdiamo l’intensità necessaria ed il nostro comportamento di assuefazione si impone. Il nostro bambino interiore non ha risorse per affrontare la solitudine e la mancanza di significato, però possiamo farlo se siamo guidati e sostenuti da chi ha trovato la saggezza ed il coraggio di attraversare le paure prima di noi, lasciando che quello spazio si manifestasse.
  5. Pratichiamo una tecnica di meditazione quotidianamente. La pratica di una tecnica meditativa lentamente ci insegna a rilassarci, perché crea uno spazio sempre maggiore dentro di noi ed un maggior distacco dalle tensioni dovute alle pressioni esterne e ai nostri conflitti interiori. Le sensazioni, le intuizioni e la pace interiore che la meditazione può apportare sono immense. Secondo il dott. Thomas Trobe, psichiatra e conduttore di gruppi di crescita, se vogliamo sentirci veramente bene con noi stessi è necessario che si sviluppi uno spazio interiore che ci permetta di lasciare che le assuefazioni cadano da sole e questo accade soltanto con la pratica della meditazione.
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