C’è chi non è d’accordo con la tempistica relativa allo switch off del digitale terrestre, previsto in due momenti precisi del prossimo futuro. Si tratta di Cairo Network e Persidera, che hanno presentato ricordo al Tar del Lazio sperando di ottenere un successo. Ma il Tribunale amministrativo ha dato ragione alla roadmap prevista, rigettando il ricorso.
Quattro le sentenze, con le quali i giudici amministrativi hanno respinto e dichiarato inammissibili le richieste di annullamento della tempistica, prevista e decisa già da due anni. Quindi, il digitale terrestre vedrà nascere la sua seconda generazione come previsto: a giugno del 2021 in prima battuta, poi a settembre 2022.
Ma perché Cairo e Persidera hanno presentato i loro ricorsi? Motivo del contendere, l’obbligo delle Tv di abbandonare la banda 700 MHz destinata al 5G, nuova frontiera della telefonia mobile. Con il refarming della banda dei 700 Mhz tutto il sistema del digitale terrestre italiano, che oggi viaggia su 30 frequenze (o reti), dovrà restringersi in metà spazio.
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In pratica ogni emittente televisiva si vedrà assegnato, per ogni vecchia frequenza posseduta, mezzo mux DVB-T2. Questo perché la nuova tecnologia è in grado di comprimere di un terzo i segnali Tv rispetto al digitale terrestre DVB-T2.
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In particolare, per effetto di questo criterio, la delibera Agcom 129/19/CONS che ha adottato il nuovo Pnaf, ha stabilito che agli otto operatori nazionali che prima avevano in concessione 20 frequenze in tecnologia digitale, ne vengano assegnate 10 in DVB-T2.
Ed è stata proprio questa suddivisione a scatenare le ire di Persidera e Cairo, che hanno deciso di presentare ricorso, contestandone i criteri. Questa la ripartizione: 2 multiplex DVB-T2 e mezzo alla Rai, 2 multiplex DVB-T2 e mezzo a Elettronica Industriale (Mediaset), un multiplex a Prima Tv (in coabitazione con Elettronica Industriale), 2 multiplex DVB-T2 e mezzo a Persidera, mezzo multiplex a Europa Way e Premiata Ditta Borghini & Stocchetti di Torino.
Nel suo ricorso, Cairo ha addotto la seguente motivazione: il refarming non poteva essere applicato al multiplex che la società aveva acquisito in una gara a titolo oneroso del 2012. Per cui nella domanda al Tar, richiedeva l’assegnazione di un mux intero e non mezzo.
Persidera dal canto suo ha invece proprio contestato il criterio di conversione da 1 a mezzo mux a testa, sostenendo che la conversione più equa dovesse essere di 0,6 mux per rete. Argomentazioni e richieste respinte dal Tar, che hanno ritenuto legittimo l’operato di Mise e Agcom.
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