L’incartamento presentato da Epic Games contro Google metterebbe in luce inquietanti retroscena nel settore mobile: dagli accordi tra Big G e Apple sino a vere e proprie corresponsioni di denaro ai produttori Android per mantenere l’esclusività del Play Store.
L’azione legale intentata da Epic Games ai danni di Google è certamente destinata a lasciare il segno nel panorama mobile. E non ci riferiamo alle mere conseguenze derivanti in caso di vittoria dell’una o dell’altra contendente, ma dai dettagli che stanno via via emergendo a seguito della presentazione in giudizio degli incartamenti relativi a ciascuno dei due protagonisti. Tale quadro probatorio – che mira ad avallare le ragioni di ambedue le società – sta infatti mostrando alcuni retroscena che afferiscono all’industria mobile, con accuse anche pesantissime.
L’ultimo dettaglio emerso nel processo metterebbe in luce un vero e proprio “duopolio” – così lo chiama Epic Games – all’interno del settore degli smartphone, identificato nella posizione di forza assunta in questi anni da Apple e da Google. Le accuse della casa sviluppatrice dei videogiochi sono pesanti, arrivando addirittura a sostenere che tutt’e due i brand coopererebbero sinergicamente nella distribuzione delle applicazioni.
Lo dimostrerebbe l’incontro interlocutorio privato andato in scena nell’ormai lontano 2010 da Larry Page e il compianto Steve Jobs in cui venne precisato che “ci saranno sempre delle aree in cui Google e Apple non dovranno essere in competizione, ma dovranno piuttosto cooperare”. Affermazione, quest’ultima, pronunciata da Page e che farebbe da rimando alle politiche adottate dalle due società nei confronti degli sviluppatori delle app.
Epic Games sostiene che tale “patto d’onore” sarebbe ancora valido e lo dimostra l’atteggiamento di Big G, poco incline a investire e competere nella distribuzione di app. Il motivo sarebbe ricercabile proprio nella cooperazione con Apple. Il risultato, a giudizio dell’accusa, è presto detto: si sarebbe creata una situazione stagnante in cui manca qualsivoglia spirito competitivo tra le due aziende.
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Ma ci sono anche altre accuse lanciate dalla società impegnata nel settore videoludico. In particolare, alcuni documenti dimostrerebbero che Google avrebbe elargito alcune somme di denaro verso i produttori degli smartphone Android affinché quest’ultimi non includessero altri app store sui propri dispositivi. Un grido d’allarme che mal si concilierebbe con la natura teoricamente “open source” di Android.
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I documenti portati in tribunale da Epic Games e pubblicati in anteprima da The Verge offrirebbero ulteriori ragguagli rispetto al “patto” firmato da Google e gli altri produttori impegnati nel campo Android. In cambio dell’esclusività del Play Store, pare che Big G avrebbe offerto percentuali sui proventi derivanti dal suo motore di ricerca e, in talune circostante, anche dei guadagni sugli incassi del Play Store. Le aziende parte integrante di questi accordi sarebbero diverse, come Motorola, LG, Xiaomi, HMD Global (Nokia), Sony e il gigante cinese BBK (la capogruppo che controlla Oppo, OnePlus, Vivo, Realme).
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