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Curiosità

Facebook acquista Telegram, l’ennesima bufala che circola in Rete

Published by
Marco Eremita

“Facebook acquista Telegram”, questa la notizia circolata sui social network nei giorni scorsi. Si tratta – ovviamente – di una bufala, o meglio di uno scherzo. Ripercorriamo la vicenda.

A volta basta uno screenshot o una frase estrapolata chissà dove per avviare quel meccanismo di condivisione compulsiva che porta una fake news ad esser percepita come una vera e propria notizia. Non è la prima volta e siamo certi che non sarà l’ultima. Questa volta ad essere protagonisti di una storia fantasiosa sono due colossi del mondo digital: il social network per eccellenza, Facebook, e una l’app di messaggistica istantanea Telegram. Proprio quest’ultimo è il principale concorrente di WhatsApp (di proprietò di Facebook, per l’appunto), il che ha contribuito a rendere la bufala verosimile. Ma vediamo come nasce la storia.

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Facebook compra Telegram: l’ennesima bufala che corre sul Web

(Pixabay)

Tutto nasce, come ricostruito dal Bufale.net, dal sito spagnolo 12 Minutos. Si tratta di un portale in cui gli utenti possono appunto caricare liberamente i propri “scherzi” per poi farli diventare virali a suon di condivisioni. La notizia – chiamiamola così – di Telegram acquistato dall’azienda di Zuckerberg è oggettivamente ben strutturata, con l’aggiunta di alcuni dettagli che danno ulteriore credibilità a tutta la montatura. Vengono ad esempio citate autorità americane ed europee che avrebbero dato l’ok alla presunta acquisizione, così come fantasiose dichiarazioni del fondatore di Facebook che rassicurerebbe sull’autonomia mantenuta da Telegram.

Insomma, una storia che a prima vista può sembrare credibile. Se non fosse che è proprio l’articolo “incriminato”, sul portale spagnolo, a concludersi in modo inequivocabile: “Esto es una broma. ¿Te la creiste?” (Questo è uno scherzo. Ci hai creduto?). Uno scherzo innocuo insomma. Va infatti precisato che la policy del sito 12 Minutos è piuttosto chiara in questo, proibendo contenuti che potrebbero minare l’ordine pubblico così come razzisti o omofobi.

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Marco Eremita

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