Privacy, una nota dolente. Fino a dove si spinge? Come può essere regolamentata senza far sorgere dubbi? Quella sottile linea è davvero rossa online? Episodi: tanti, tantissimi, un’infinità. Quotidiani, app di messaggistica istantanea, social soprattutto.
L’ultimo in ordine cronologico è figlio di un episodio accaduto in Lombardia. Il Tribunale di Lecco ha condannato un uomo per trattamento illecito e diffamazione aggravata a un anno e sei mesi, oltre ai risarcimenti civilistici in separata sede, che quattro anni fa aveva postato e messo in vendita su Facebook dati personali di ignare donne single di Como, 1218 per l’esattezza, di ogni età finite loro malgrado in un catalogo “che – come scritto sui social – costa meno di un aperitivo”.
Il tanto curioso che fa rima con quanto increscioso episodio lariano è solo l’ultimo di una lunga serie. La Procura di Torino ha emesso un decreto di sequestro della chat Telegram “Basta dittatura” luogo virtuale dove i no vax promuovono iniziative di protesta, al grido di “basta dittatura” come quelle nelle stazioni contro i green pass, si scambiano opinioni e diffondono informazioni false sulle vaccinazioni.
E che dire di Zuckerberg. Che ha iniziato a delineare i suoi piani per costruire il “metaverso”: un mondo virtuale che permette di vivere costantemente immersi al suo interno. “Sarà accessibile attraverso tutte le piattaforme: realtà virtuale e aumentata, ma anche computer, dispositivi mobili e console per i videogiochi. Io lo immagino come uno scenario continuo e simultaneo in cui possiamo stare assieme. Una specie di ibrido tra le piattaforme social di oggi e un ambiente in cui possiamo incarnarci”.
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Senza contare gli algoritmi che costringono Facebook a scuse pubbliche che non riflettevano il contenuto del post del Daily Mail con persone di colore associate in un certo qual modo ai primati. E che dire della crisi di Whatsapp all’indomani della scelta di cambiare le norme sulla privacy, o i guai di TikTok e Instagram.
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In Italia il ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale Vittorio Colao ha svelato le prime carte di quel “Polo strategico nazionale” per la tutela dei dati informatici degli italiani, un piano che prevede tutti i dati della Pa su cloud, gara entro il 2022, per una migrazione completa nel 2025.
“Una casa moderna per i dati degli italiani. Si tratta di un risultato bilanciato, orientato a garantire al tempo stesso sicurezza e nuove tecnologie, a giorni ci aspettiamo che arrivino proposte per il Polo strategico nazionale – continua il ministro – sarà affidata a un fornitore qualificato sulla base di opportuni requisiti tecnico-organizzativi, che dovrà garantire il controllo sui dati in conformità con la normativa in materia, nonché rafforzare la possibilità della PA di negoziare adeguate condizioni contrattuali con i fornitori di servizi Cloud“.
Il Polo Strategico Nazionale sarà articolato in almeno 4 data center distribuiti in due regioni, non prima di un bando previsto entro la fine dell’anno. Un modo per tutelare la privacy e le sue infinite sfaccettature.
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