Forse qualcosa ci sta sfuggendo di mano. L’idea della realtà aumentata, di quella virtuale, che possano avere ripercussioni materiali nella vita reale, è un’area della tecnologia molto delicata, dove il confine tra il gioco e il pericolo è decisamente molto labile.
Un confine che è stato sicuramente superato, almeno in linea teorica, da Palmer Luckey, fondatore di Oculus VR ed ex membro di Facebook. Si tratta dell’imprenditore che ha progettato il visore per la realtà virtuale Oculus Rift e che ha recentemente realizzato una reinterpretazione di NerveGear, un casco che possiamo ritrovare nella light novel nipponica Sword Art Online.
Un casco che, in questo universo narrativo, può uccidere la persona che lo indossa se muore nel gioco. Un po’ come in Nightmare, in cui si rischiava di morire nella realtà se si moriva nel sogno. Fin qui tutto ok, si resta nel campo dell’immaginazione. Ma il NerveGear realizzato da Luckey è veramente in grado di uccidere chi lo indossa, se il suo personaggio muore nel gioco.
Realtà aumentata o pura follia?
Il NerveGear originale contenuto in Sword Art Online è un casco che i giocatori indossano costretti da uno scienziato che li coinvolge in un gioco mortale. In cui se i loro punti ferita scendono a zero, il loro cervello viene bombardati da microonde che li uccide.
A sua volta Luckey ha voluto ricreare una versione reale del NerveGear dotata però, al posto delle microonde, di tre cariche esplosive che sono in grado di far saltare il cervello dell’utente, se il suo personaggio muore nella realtà virtuale.
A detta dell’imprenditore, la scelta di creare qualcosa molto simile al NerveGear nasce dall’idea di «legare la propria vita reale al proprio avatar virtuale che mi ha sempre affascinato: si alza immediatamente la posta in gioco al massimo livello e si costringono le persone a ripensare radicalmente il modo in cui interagiscono con il mondo virtuale e i giocatori al suo interno».
«La grafica pompata può far sembrare un gioco più reale, ma solo la minaccia di gravi conseguenze può far davvero sentire un gioco reale a voi e a tutte le altre persone che vi partecipano. Si tratta di un’area della meccanica dei videogiochi che non è mai stata esplorata, nonostante la lunga storia degli sport del mondo reale che ruotano attorno a una posta in gioco simile».
Luckey comunque ha detto che ancora non ha avuto il coraggio di provare il suo personale NerveGear perché «esiste un’enorme varietà di guasti che potrebbe uccidere l’utente nel momento sbagliato». Per fortuna ha poi anche aggiunto che NerveGear è «solo un pezzo d’arte da ufficio, un promemoria che fa riflettere sulle strade inesplorate del game design».