Facebook è sospettata di violare la privacy dei suoi utenti; infatti il Wall Street Journal scrive che sarebbero almeno sei i Paesi che hanno aperto un’indagine sul Social di Zuckerberg e che potrebbero richiedere un cambiamento nelle politiche e anche comminare multe per milioni di euro. Le autorità garanti della privacy in Belgio, Olanda, Germania, Francia, Spagna e Italia accusano Facebook di utilizzare in modo non legale il tasto “Mi piace” a fini pubblicitari.
In seguito a un rapporto che accusava Facebook di violazione della normativa europea sulla protezione dei dati personali, è stato commissionato uno studio da parte della Commission for the Protection of Privacy (Authority privacy belga) ad un gruppo di centri di ricerca accademici belgi.
Lo studio dei ricercatori delle Università di Leuven e Libera Università di Brussels riguarda policy privacy e tracciamento degli utenti senza il loro consenso ed anche nel caso gli utenti abbiano scelto l’opt-out dal sistema.
In altre parole sembrerebbe che Facebook tenga traccia delle attività online dei suoi iscritti ed anche di degli utenti di Internet non iscritte al Social, ma che visitando i suoi post pubblici o i tantissimi siti che contengono al loro interno il tasto “Mi piace”, lo cliccano senza essere consapevoli delle conseguenze.
Secondo i ricercatori dell’Agenzia per la protezione dei dati personali del Belgio, la pratica seguita da Facebook viola diverse leggi europee per la tutela della privacy, infatti spesso le attività degli utenti vengono registrate senza il loro consenso esplicito.
Facebook risponde all’accusa sostenendo di aver individuato nel report degli errori e di non essere stata consultata; infatti l’azienda di Zuckerberg afferma: “Neanche ci hanno invitato a commentare prima di rendere pubblico il report. Comunque speriamo di essere coinvolti e che loro siano pronti ad aggiornare lo studio in corso“. Il Social Network, inoltre, definisce il report inaccurato ed impreciso.
Il Social network condotto da Mark Zuckerberg è stato criticato a causa del Follow che, secondo i ricercatori viene usato come tracker e per l’assenza di opt-out sui dati della localizzazione, ma soprattutto a causa di ben 13 milioni di siti con i tasti “Mi piace” e “Condividi”.
Infatti il cookie viene utilizzato anche quando una persona visita un sito diverso da Facebook, ma che al suo interno contiene il tasto “Mi piace” messo a disposizione da Facebook per condividere facilmente un contenuto sul proprio profilo.
Secondo i ricercatori è sufficiente la presenza del tasto “Mi piace” per tracciare le attività dell’utente ed inoculare cookies anche se i pulsanti non vengono effettivamente digitati.
Nel programma che si usa per navigare Facebook e molti altri siti installano un “cookie”, un pezzo di codice tracciante, o in altri termini, un file che contiene al suo interno diverse informazioni che servono per riconoscere l’utente nel momento della sua successiva visita e riconoscere di chi si tratta senza dover chiedere ogni volta la sua password o dover effettuare ulteriori sistemi di identificazione. I cookies sono anche utilizzati per tracciare le attività dell’utente allo scopo di offrirgli diversi servizi e proporgli pubblicità collegate ai suoi interessi, sulla base delle cose che egli visita sul web.
Secondo la ricerca pubblicata in Belgio, Facebook installerebbe un cookie in tutti i browser che visitano una delle sua pagine facebook, anche se la persona che lo fa non è iscritta al Social di Zuckerberg.
Le normative dell’Unione Europea sulla privacy prevedono che ogni utente sia avvisato e dia il proprio consenso prima che un sito installi nel suo browser un cookie.
Infatti, nel momento della prima visita, il sito mostra un messaggio con cui spiega che per il suo funzionamento sono utilizzati dei cookies, dando la possibilità all’utente di accettarne l’utilizzo o di abbandonare il sito.
A proposito dei cookies Facebook si difende spiegando che “i cookies rappresentano uno standard del mercato da 15 anni“. Inoltre Facebook sostiene di essere regolamentata dall’Irish Data Commissioner e di aver passato in modo positivo due audit in merito alle policy sulla protezione dati.
Tracciando le attività degli utenti, Facebook raccoglie informazioni utili per migliorare le sue pubblicità e renderle più coerenti con i loro gusti ed interessi.
Infatti pubblicità più interessanti per l’utente hanno sicuramente maggiori probabilità di essere prese in considerazione e rendono di più, in termini economici, al Social di Zuckerberg, che le ospita all’interno dei suoi servizi.
Se non si intende vedere la pubblicità basata sui siti che vengono visitati e sulle apps utilizzate, è possibile effettuare l’opt-out tramite EDAA (European Interactive Digital Advertising Alliance), un database sviluppato dall’European Industry Coalition, gruppo costituito da più di 100 aziende di marketing e pubblicità europee allo scopo di gestire il tracciamento dei comportamenti degli utenti in modo trasparente
Quindi gli utenti hanno la possibilità di chiedere a Facebook di non essere tracciati (il cosiddetto opt-out); in realtà le organizzazioni per la tutela della privacy sostengono che secondo le leggi europee sono i siti a dover chiedere agli utenti se vogliono essere tracciati o meno fin dall’inizio, in modo che la loro scelta sia consapevole.
Un’altra accusa concerne la combinazione che Facebook effettua sui dati grazie ad altri servizi di sua proprietà, come Instagram e WhatsApp, che conta ben 700 milioni di utenti, per costruire il profilo di un utente. Con questa modalità Facebook non aderirebbe alle leggi UE sulla privacy e protezione dati.
Gli studiosi dicono di non aver ricevuto richieste di incontro da parte del Social di Zuckerberg , pur essendo consapevoli del fatto che Facebook abbia una visione completamente diversa delle norme europee sulla privacy.
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