Dopo il down di Google Meet si è parlato di un attacco hacker. A quanto pare invece è tutto riconducibile ad un malfunzionamento
A differenza delle tesi che sono state fatte in un primo momento riguardo al testo del messaggio, dietro questo problema non c’è nessun attacco hacker. Dopo meno di un’ora di blackout dei servizi di Google, La maggior parte degli utenti sono andati nel panico più totale.
Questo problema ha messo in difficoltà la didattica a distanza che si basa su strumenti quali Google Classroom e Meet. Infatti molti sono stati gli studenti che hanno pensato che si trattasse di un vero e proprio attacco hacker, numerosi i messaggi di errore e le immagini che girano on-line.
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lunedí 14 dicembre:
IO C’ERO✈️✈️✈️ #googledown #meetdown pic.twitter.com/iNnj8CyZW8— chiara🤍 (@cchiaraxdreams) December 14, 2020
Google Meet e le schermate del down del servizio
Anche se bisogna dire che molti di questi non sono altro che fake, in un momento i servizi dono stati completamente irraggiungibili. Si tratta di uno degli strumenti più usati per la didattica a distanza, i quali malfunzionamenti hanno interrotto in modo brusco le lezioni di milioni di studenti. Ecco che si è alimentata l’idea di attacchi attribuibili ad hacker. Questa tesi è stata sostenuta dalle numerose schermate pubblicate on-line.
Tuttavia nel testo del messaggio di errore, ci sono particolari frasi che sicuramente non sono riconducibili ad una attacco massiccio contro tutti i servizi del colosso di Mountain View. Si tratta di un semplice trucco che non hanno bisogno nemmeno di modifiche fatte con uno dei programmi più famosi come Photoshop. Questo è possibile grazie all’utilizzo di script molto semplici e possono essere usati grazie alla presenza di pulsanti o finestre di dialogo, quindi di ogni altro elemento che contiene al suo interno del testo.
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Dopo aver confermato le modifiche apportate alla pagina web, l’unica cosa che si deve fare è quella di catturare la schermata con uno screenshot. Si tratta di un passaggio possibile con un semplice strumento di cattura in modo da rendere ancora più reale l’immagine, al fine di far credere che i servizi siano stati hackerati.