La nuova serie Huawei P50 potrebbe adeguarsi agli ultimi iPhone e Galaxy, stante la rimozione del caricatore dalla confezione di vendita. C’è però una notizia positiva.
Non c’è ancora una data del debutto dei primi smartphone Huawei top di gamma e l’iniziale forbice temporale di aprile sembra esser sfumata dalla mera realtà fattuale. Il gigante di Shenzhen vuol d’altronde fare le cose per bene, limando gli ultimi dettagli del sistema operativo HarmonyOS, cuore pulsante del rinnovamento – sia pure forzato – del produttore cinese. Il ritardo nella tabella di marcia interesserà a cascata anche l’altro polo del progetto Huawei, ossia l’attesa gamma Mate 50, che a giudizio dei beneinformati potrebbe esser calendarizzata direttamente ad inizio 2022, in luogo del tradizionale periodo autunnale.
Il rinnovamento di Huawei passa comunque soprattutto da HarmonyOS e da una disponibilità del sistema operativo in versione stabile ed ufficiale, per l’appunto incorporato di default sulla gamma Huawei P50 e, sia pure sotto forma di aggiornamento, sulla moltitudine di dispositivi già in commercio, ad incominciare dal pieghevole Mate X2 e dagli ex-portabandiera di scorsa generazione.
Nel frattempo, spunta la voce legata alla rimozione del caricatore dalla confezione di vendita dei nuovi gioielli griffati Huawei. L’indiscrezione, avallata tramite il social network Weibo, è ancora tutta da confermare, ma appare quantomeno plausibile alla luce delle ricostruzioni più recenti. In buona sostanza, l’eliminazione del prezioso accessorio sarebbe addebitabile più ad una carenza di componenti necessari per produrre i caricatori, e non invece a mere strategie commerciali. E in effetti c’è un risvolto positivo nella notizia: stando a quanto raccolto su Weibo, Huawei defalcherà il costo del caricabatterie dal quantitativo chiesto per l’acquisto dei propri futuri smartphone.
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In attesa di ufficializzare le rinnovate strategie per il segmento mobile, Huawei ha in queste ore commentato una vicenda destinata ad influenzare i programmi commerciali dei principali produttori di smartphone: il rimando va alla crisi di approvvigionamento dei processori, addebitata dal presidente temporaneo del sodalizio cinese, Eric Xu, ai pesanti provvedimenti imposti dall’amministrazione Trump. Il ragionamento del dirigente è piuttosto semplice e lineare: le sanzioni irrogate dal predecessore di Biden hanno bloccato la fornitura di chipset, costringendo le aziende cinesi – che temevano forti ripercussioni negative dinanzi all’efficacia della misura – a far incetta di processori. Lo ha fatto Huawei, ma anche altri brand asiatici (tra cui ZTE) e, a cascata, le grandi società del settore, anche grazie al loro peso contrattuale, onde evitare di rimanere “a bocca asciutta”.
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Ecco perché, a giudizio di Eric Xu, appare improcrastinabile recuperare la fiducia e la collaborazione nell’intera catena di approvvigionamento dei semiconduttori.
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