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Internet e società: evoluzione e rischi per la privacy

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Il Presidente di Google ha affermato che la Rete del futuro prossimo sarà ovunque intorno a noi e non ce ne renderemo conto.

Nella sua dichiarazione al World Economic Forum di Davos, il Presidente di Google Eric Schmidt ha precisato che la Rete del futuro sarà ovunque intorno a noi e non ce ne renderemo conto. Entro il 2020 Internet si evolverà in una rete di sensori e oggetti interconnessi tra loro che formano un unico grande sistema per la raccolta e l’elaborazione dei dati.
Ci saranno ovunque sensori, apparati IP e annessi e connessi in casa e in ufficio, nelle tasche e anche al polso, con cui ci si interfaccerà regolarmente ogni giorno. Schmidt prospetta uno scenario che è già noto a chi teorizza l’Internet delle cose.

Internet si sta dirigendo velocemente verso un ecosistema in cui l’individuo e l’utente diventano un’unica cosa mentre le aziende prenderanno decisioni sulla base di informazioni presenti in tempo reale. Non è ancora chiaro se la nostra società sia in grado di usufruire delle immense potenzialità di questo fenomeno, così come non si sa neanche chi dovrà governarlo e gestirlo e in che modo. Secondo Giulio Coraggio, avvocato e socio dello studio legale Dla Piper “l’approccio dell’Europa continentale è spesso di diffidenza rispetto a cambiamenti invasivi, come può essere l’avvento dell’IoT, che inevitabilmente richiederà delle precauzioni per proteggere la nostra privacy in un contesto in cui ogni oggetto che avremo intorno cercherà di carpire informazioni su di noi. I garanti europei sono però propensi ad applicare all’Internet of Things, in modo molto stringente, i principi in materia di privacy creati per un mondo che non conosceva questo fenomeno”.

Quindi secondo il parere di Giulio Coraggio, una nuova visione di informazione personale non soggetto alle restrizioni delle leggi sulla privacy, potrebbe essere presa in considerazione. Effettivamente la nostra quotidianità è continuamente monitorata: basta infatti utilizzare il telepass e le carte di credito, o  postare aggiornamenti e foto sul web, per lasciare una traccia di dove siamo stati e cosa abbiamo fatto. Margo Seltzer, docente di scienze informatiche ad Harward, spiega che “la privacy come era intesa nel passato è un concetto non più sostenibile”.

Schmidt ha affermato che occorre regolamentare a livello legislativo la raccolta dei dati e soprattutto il loro uso e che è indispensabile chiedere il permesso dell’utente prima di entrare digitalmente nella sua vita.

Il tema di chi governerà l’Internet delle Cose e della responsabilità legata alla sicurezza dei sistemi Iot, è molto importante ed i pareri a tale proposito non sono concordi. Maurizio Riva, Direttore Clienti Multinazionali di Intel per la regione Emea, sostiene che potrebbe necessario “creare una filiera standard dove poter connettere qualsiasi device senza preoccuparsi di chi governa”, mentre la società californiana ha creato un consorzio, l’Open Interconnect Consortium, “per rendere questo mondo di oggetti indipendente dal sistema operativo e dal tipo di dispositivo utilizzato”.

Joseph Bradley, Vice Presidente  Internet of Everithing (IoE) e Practice della Cisco Consulting Services, afferma che “le cose connesse sono una grande risorsa ma il mondo connesso è fatto anche di persone, processi, applicazioni e informazioni. Il network è fondamentale perché conosce il contesto in cui le persone vivono e lavorano ma il vero valore sono i dati. Connettere le cose è relativamente semplice, il vero problema è gestire l’IoT a livello di dati e processi”. La Cisco parlava un anno fa di un potenziale giro d’affari di 19 trilioni di dollari entro il 2020; McKinsey nel 2013 stimava l’impatto economico delle applicazioni IoT fra i 14 e i 33 trilioni dollari l’anno a partire dal 2025.

Secondo Gartner attualmente ci sono circa 4 milioni di oggetti intelligenti connessi ad Internet e saranno 25 miliardi il numero di oggetti connessi che popoleranno il pianeta entro i prossimi cinque anni. Anche Google sta investendo parecchie risorse in questo nuovo Internet of Things: lo scorso anno ha acquisito Nest, che produce termostati intelligenti e sensori per il fumo, e Dropcam, specializzata nella realizzazione di sistemi di sicurezza Wi-Fi, mentre da diversi anni sta portando avanti progetti ancora più avveniristici, come l’auto senza conducente; l’Università di Harvard ha presentato a Davos una flotta di minuscoli droni grandi come mosche in grado di svolazzare in giro e raccogliere campioni di DNA.

Per ora una difesa della propria privacy è ancora possibile spegnendo il cellulare, non accedendo a Internet, e pagando solo in contanti, in modo da seminare in giro meno tracce possibili. Ma nell’Internet delle Cose questo sarà molto difficile in un mondo dove tutto è connesso, dall’auto agli elettrodomestici e dai sistemi di pagamento ai trasporti.

Questo scenario da Grande Fratello non è inevitabile se ci sarà un confronto tra il mondo della tecnologia ed i legislatori per definire, in modo chiaro e trasparente, i limiti del nuovo Internet e i diritti degli utenti. Questo confronto andrebbe fatto prima possibile, prima che la situazione possa diventare incontrollabile.

All’ultimo Consumer Electronic Show il capo della Federal Trade Commission Edith Ramirez, agenzia del governo americano per la tutela dei consumatori ha affermato che “il focus delle aziende dell’online deve spostarsi sulla minimizzazione della quantità di dati raccolti piuttosto che sulla registrazione di tutto il possibile, la sicurezza di queste informazioni deve diventare un requisito imprescindibile e, soprattutto, deve esserci nei confronti degli utenti la massima trasparenza sull’uso che ne viene fatto”.

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