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Curiosità

Lush dice no: i social sono pericolosi per i giovani, chiusi tutti i suoi account

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Raffaele Pigneri

La decisione della multinazionale dei cosmetici eco-friendly arriva dopo le accuse di incitamento all’odio e istigazione al suicidio lanciate a Facebook e Instagram dalla ex-dipendente Frances Haugen.

(Photo by Tracy Le Blanc from Pexels)

Lush mette una pietra sopra ai social media. La compagnia inglese che vende cosmetici eco sostenibili in tutto il mondo ha deciso di chiudere tutti gli account social a partire da ieri, venerdì 26 novembre 2021. Data sicuramente simbolica, visto che parliamo del Black Friday in cui lo shopping schizza alle stelle e le aziende fanno a gara per accaparrarsi clienti e smaltire inventario in eccesso. Lush disattiva dunque la propria identità digitale da Facebook, Instagram, TikTok e Snapchat, “Fino a quando non decideranno di costruire un ambiente salutare per i loro iscritti”.

Nel comunicato stampa diffuso a metà novembre, l’azienda fa riferimento alle accuse che Frances Haugen lanciò lo scorso 30 settembre a Facebook, suo ex datore di lavoro. Secondo la whistleblower, l’algoritmo che alimenta la scelta dei contenuti sul muro del social è programmato per catturare l’attenzione e la fedeltà degli utenti con argomenti controversi, incoraggiando hate speech e seminando la cultura della contrapposizione e della discriminazione. Questi argomenti avrebbero convinto Lush a prendere la drastica decisione.

I social che seminano odio e valori decisamente discutibili per calamitare views e clienti rappresentano un andazzo da reprimere prima che sia troppo tardi: questa in estrema sintesi la posizione dell’azienda fondata da Mark Constantine nel 1995. “Allo stesso modo in cui abbiamo ignorato e minimizzato per decenni i segnali del cambiamento climatico, adesso stiamo per lo più ignorando le preoccupazioni legate ai seri danni prodotti dai social media“, si legge nella brochure.

I social e l’istigazione al suicidio: tutti i perché della scelta di Lush

(adobe stock)

Fra le rivelazioni che destano le ansie maggiori, la Haugen aveva citato una ricerca interna condotta da Facebook, in cui si evidenzia come l’influenza di Instagram tenda ad aggravare disordini alimentari e tentazioni suicide nelle adolescenti. C’è davvero poco da aggiungere, visto che spesso i giovanissimi tendono a considerare l’universo dei social come quello di riferimento per la propria socialità, mostrando sempre meno attitudine verso le interazioni con gli altri nel mondo reale. Inclinazione naturalmente esasperata dai lockdown degli ultimi due anni e destinati, a quanto pare, a perdurare.

Che il cambio di direzione incida sulle vendite attese per il Black Friday non è la preoccupazione primaria di Constantine: “Siamo sopravvissuti al Covid, abbandonare i social non ci distruggerà – ha detto il CEO di Lush al Guardian -. Qui parliamo di tendenze suicide, non di rimedi per l’acne o di come tingersi i capelli di biondo. Come potremmo spacciarci per una compagnia che ha dei valori e che tiene ai propri clienti se ignoriamo un fenomeno del genere?”.

“Non mi importa di perdere 10 milioni di sterline”

Lo slogan della svolta anti social di Lush (Lush.com)

LEGGI ANCHE—>I numeri di Facebook sulla rimozione di post incitanti a odio e violenza non convincono

La svolta fa indubbiamente onore a Lush ed è presumibile che le porterà benefici anche in ottica aziendale, visto che finirà per alzare il profilo corporate, fidelizzare ancora di più i clienti e magari acquisirne di nuovi. Non si stupirà della svolta chi ha seguito la storia di questo produttore, da sempre attento all’aspetto “social”, inteso come impegno civico e comunitario. Lush ha scelto da subito di perseguire il profitto tenendo alta l’attenzione verso l’ambiente: i suoi prodotti sono vegetariani al 100% e vegani all’85%, non coinvolgono maltrattamenti animali e sono basati su una filiera equa e solidale. È proprio questa componente di sostenibilità a caratterizzare maggiormente il suo brand.

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Tuttavia, l’immediato si chiama Black Friday e le perdite previste sono di oltre 13 milioni di euro: “La nostra – ha insistito Constantine – è stata una scelta dettata da motivazioni autentiche e non promozionali. Sono felice di perdere 10 milioni di sterline se è questo il prezzo da pagare per non essere più su Facebook. E non ho alcuna intenzione di cambiare idea, se lo facessi diventerei uno zimbello”.

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Raffaele Pigneri

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