Microsoft ha brevettato un chatbot che replica il comportamento e lo stile di comunicazione di chi non c’è più. E tutti pensano alla serie tv Black Mirror.
Ricorda la fantascienza più inquietante l’ultima impresa di Microsoft. L’azienda di Bill Gates ha infatti depositato un brevetto dal titolo “Creazione di un Chatbot da conversazione di una persona specifica” che dovrebbe servire a dar vita apparente a chi non c’è più. L’idea suona indubbiamente un po’ morbosa, tanto che le è già stato affibbiato il nickname “zombie app“.
Non a caso in molti hanno richiamato alla mente il tv show britannico Black Mirror, in cui il genere sci-fi va a braccetto con la paranoia. In uno degli episodi della serie trasmessa da Netflix, infatti, si racconta la storia di una giovane che perde il fidanzato in un incidente stradale, ma ha la possibilità di stare insieme alla sua versione artefatta. Un altro riferimento televisivo ce lo da’ Prime Video, con il protagonista di Upload che prima di morire viene appunto “caricato” in una dimensione virtuale, in attesa che la tecnologia per la resurrezione sia perfezionata (ammesso che questo avverrà mai). Chiaramente, tale trattamento è riservato solo a chi può pagare profumatamente…
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L’intelligenza artificiale alla base del progetto dovrebbe avere accesso ai dati privati della persona per restituirne un’immagine il più possibile veritiera. Ciò implica che il diretto interessato dia il proprio consenso all’operazione… revival, in modo tale che il chatbot possa esprimersi nel tono più simile possibile a lui o lei. La cosiddetta zombie app di Microsoft potrebbe un giorno consentirci di interagire con i nostri cari anche dopo che la morte ci avrà separato e così elaborare in modo più esauriente, o dolce, o profondo un lutto particolarmente grave.
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Le perplessità, tuttavia, sono parecchie. Ad esempio, una app di questo tipo potrebbe non servire soltanto per parlare con i defunti, se così si può dire. lo stesso principio potrebbe essere applicato a qualcuno ancora vivo, ma che non è fisicamente presente. Anche in questo caso servirebbe il permesso. Ma chi si sentirà di concederlo? E in cambio di cosa? Visto che nel libero mercato tutto è merce, davvero possiamo comprare anche la personalità di chi ci circonda? E se volessimo creare una figura virtuale, slegata da qualsiasi individuo esistente, ma che risponda esattamente a tutte le nostre esigenze? È davvero difficile giudicare un’idea che si presta a così tanti scenari, solleva molteplici questioni etiche e che è tanto lontana dalla nostra sensibilità di “uomini del presente”.
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