Fare musica insieme è una gioia di cui sono stati privati milioni di persone durante l’anno passato, a causa delle restrizioni sugli assembramenti imposte dalle misure anti-COVID. L’alternativa più ovvia sarebbe stato portare le prove e i concerti sulle piattaforme di videoconferenza. Ma se queste funzionano molto bene per le conversazioni parlate, questo non è vero per la musica in tempo reale. Ecco perché non è possibile fare musica su Zoom.
Chiunque abbia provato a suonare insieme su una delle diverse piattaforme di videoconferenza che conosciamo tutti, come Zoom, Skype o Teams, si sarà reso conto che c’è qualcosa che non va. Sembra difficile andare a tempo, che è fondamentale per suonare insieme.
C’è un tempo fisiologico che trascorre tra l’emissione di un suono alla sorgente, la sua codifica, trasmissione e decodifica dall’altra parte di una comunicazione online. Per quanti piccoli questi intervalli di tempo, essi si accumulano e producono un “ritardo” nella percezione del ricevente. Nel parlato di nota meno, anche se spesso capita di accavallarsi per qualche secondo su piattaforme come Zoom. Per la musica, ogni ritardo (o “latenza”) superiore a 20-30 millisecondi, rende il suonare insieme impossibile.
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Tipicamente questo tipo di piattaforme ha una latenza di 200-300 millisecondi, talvolta anche mezzo secondo. Quindi la maggior parte dei concerti che abbiamo visto online durante lo scorso anno, che sembravano registrati grazie a Zoom, erano in realtà delle sovraincisioni. Di tutto questo parliamo con, Stefano Zambon, responsabile tecnico della startup Elk Audio basata a Stoccolma.
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Elk ha sviluppato un sistema software/hardware in grado di superare la “barriera” della latenza necessaria a suonare insieme da remoto. Servizi che diventeranno sempre più comuni e che daremo per scontati a mano a mano che si diffonderanno le nuove tecnologie di rete come il 6G.
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