Una nuova versione del test PCR può individuare in tempi brevi le varianti inglese, sudafricana e brasiliana, contrastandone la diffusione.
Un’azienda danese che si occupa di biotecnologia sta mettendo a punto un test rapido molecolare in grado di individuare le varianti del coronavirus. Si tratta di un aggiornamento dell’attuale test PCR, sul quale stanno lavorando gli scienziati di Novozymes, secondo cui la procedura sarebbe in grado di rilevare sia la variante del Kent (nota comunemente come variante inglese), che la brasiliana e la sudafricana.
Sarebbe un avanzamento cruciale durante la fase delle vaccinazioni, perché permetterebbe di tenere a bada i nuovi focolai, oltre che di identificare le mutazioni più insidiose delle varianti. Come ad esempio la E484K, una mutazione della proteina spike che riuscirebbe ad aggirare la risposta immunitaria generata dal vaccino o dall’aver superato la malattia. Immaginate quanto sarebbe importante stroncare sul nascere una variante che presenta questo tipo di mutazione.
Il PCR attualmente in uso cerca delle sequenze brevi del genoma originario del coronavirus e potrebbe quindi non riconoscere le sue mutazioni, generando di conseguenza dei falsi negativi. Il test molecolare che i ricercatori del NovoZymes stanno sviluppando si avvale sempre della reazione a catena delle polimerasi, che in soldoni consiste nel moltiplicare il materiale genetico del virus per renderlo visibile in laboratorio, ma confrontando l’RNA “amplificato” attraverso la reazione a catena con una sequenza mutante, in grado cioè adattarsi durante la ricerca ed eventualmente di combaciare con la mutazione.
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Novozymes sta lavorando al nuovo protocollo del test molecolare con l’aiuto del RigsHospitalet, ossia l’istituto ospedaliero dell’Università di Copenhagen e l’Università di Oxford. La ricerca è stata avviata proprio su input del Dipartimento di Genomica del RigsHospitalet, che si è rivolto al laboratorio alle porte di Copenhagen per escogitare un nuovo tipo di test capace di scovare le varianti del ceppo venuto alla luce a Wuhan a fine 2019.
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“Sarebbe fondamentale scoprire in tempo una variante problematica per bloccarne la diffusione” ha detto la professoressa Astrid Iversen del prestigioso ateneo inglese. La coordinatrice di Novozymes, Stephanie Oerum, ha fatto il punto sulla ricerca: “Il nuovo protocollo del test molecolare richiede l’aggiunta di un solo passaggio. Attualmente stiamo testando il metodo in ambiente clinico su materiale proveniente da pazienti covid. È una sfida che può rivelarsi molto utile e stiamo cercando di andare il più veloce possibile“.
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