Il provvedimento è al vaglio del Parlamento. Le aziende potrebbero far pagare ai consumatori e ai dipendenti i costi aggiuntivi previsti.
Il nuovo Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche potrebbe tradursi in una batosta per i consumatori italiani, nonché per i lavoratori del settore. A denunciarlo sono le stesse TelCo italiane, spaventate che il recepimento della normativa UE nell’ordinamento nazionale possa costringerle a clamorosi tagli nella forza lavoro, accompagnati da impopolari aumenti delle tariffe e dei prezzi.
Il provvedimento è attualmente all’esame del Parlamento, sotto forma di bozza di decreto legislativo. La Camera dei Deputati è chiamata a pronunciarsi già entro il 16 settembre. Esaurito l’iter parlamentare, il testo tornerà sul tavolo del Governo. Ma sono davvero tante le questioni sollevate dalle TLC e per ora il destino della norma appare per lo meno nebuloso. Vediamo quali sono i problemi che secondo l’industria finirebbero per determinare un aumento delle bollette telefoniche e del numero di disoccupati.
Il rischio principale per le tasche dei consumatori, assicurano le TelCom, sta nella riduzione della durata dei contratti da 24 a 12 mesi. Secondo i service provider i nuovi termini porterebbero inevitabilmente a prezzi superiori delle offerte, specialmente di quelle che oltre alla tariffa telefonica includono anche le rate per l’acquisto di un dispositivo. Certo, non una buona notizia per i consumatori italiani, che per ora godono di uno dei mercati meno cari tra Europa e Stati Uniti.
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Se approvato così com’è, il decreto legislativo introdurrà una serie di rilevanti costi aggiuntivi per le aziende. Come sempre avviene in questi casi, l’industria farebbe fronte alle maggiori spese con tagli del personale e prezzi più alti all’indirizzo dei consumatori. Tra i nodi più spinosi, il testo prevede l’inasprimento delle sanzioni “gravi” fino al 5% del fatturato aziendale, nonché un incremento fino al 50% del costo delle frequenze per un totale, sempre secondo le stime del settore, di 100 milioni di euro. Se il governo non si confronterà al più presto con le esigenze dei produttori, questi ultimi prevedono un disastro occupazionale, con l’8% dei dipendenti, circa 8000 persone, che perderebbero il posto. Numeri inquietanti che come al solito in questi casi fanno il paio con un dubbio altrettanto angoscioso: siamo di fronte a delle rivendicazioni o a un ricatto?
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Certamente è innegabile che il testo porti con sé nuove criticità per un settore che negli ultimi dieci anni ha dovuto fare i conti con un calo del volume d’affari del 20%. Tra i colpi più duri, un’asta per il 5G che ha comportato una spesa complessiva di oltre sei miliardi e mezzo di euro, e l’esborso per restare in regola con le norme sui limiti delle emissioni elettromagnetiche. Durante la pandemia, inoltre, sono state le OTT – cioè le media company che veicolano contenuti via internet invece che tramite rete satellitare o digitale terrestre – a prosperare, proprio a svantaggio delle TelCo tradizionali.
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