In una dichiarazione rilasciata da Franco Gabrielli, si esprime preoccupazione sul ruolo degli antivirus russi, che potrebbero trasformarsi in “cavalli di Troia”
Esiste davvero una “questione” di sicurezza informatica dopo i recenti accadimenti in Ucraina e le pesanti sanzioni inflitte da tutto il mondo alla Russia? Il timore c’è ed è per questo motivo che è necessario non abbassare la guardia e tenere gli occhi ben aperti. Anche perché dopo l’allerta di domenica scorsa, fortunatamente scongiurata dalla realtà fattuale, un’altra preoccupazione sta animando il dibattito della rete (e non solo): il ruolo degli antivirus russi.
Tutto nasce da una dichiarazione rilasciata al Corriere della Sera dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla sicurezza nazionale, Franco Gabrielli, che parlando di cybersecurity (tema quanto mai spinoso), ha espresso timori per i sistemi antivirus prodotti in Russia, che da strumento di difesa potrebbero cambiar bandiera a tal punto da trasformarsi in attaccanti pronti a squarciare le pubbliche amministrazioni.
Kaspersky rivendica la propria indipendenza
La preoccupazione, in buona sostanza, è che tali sistemi possano diventare una sorta di pericolosi “cavalli di Troia“. Da qui l’evenienza di distaccarsi il più possibile dalla dipendenza dalla Russia, e oltre al gas e al petrolio il riferimento sembra andare quindi anche verso i sistemi informatici. Sebbene Gabrielli non abbia fatto nomi, appare evidente il richiamo (considerato anche il peso specifico assunto in tutto il mondo) al software Kaspersky, per l’appunto tra i maggiori produttori al mondo di sistemi antivirus per pubblico e privato. Lo dimostra anche il fatto che, secondo quanto rivelato da Cybersecurity Italia in una dichiarazione rilasciata a Il Tempo, “anche il PC che Mario Draghi utilizza alla presidenza del consiglio potrebbe avere installato l’antivirus Kaspersky, tenuto conto del fatto che Palazzo Chigi rientra tra i 2.297 acquirenti pubblici italiani del software“. E lo sono anche la Farnesina e il Viminale.
Proprio nei giorni scorsi, la scuderia Ferrari aveva annunciato l’interruzione della patnership con Kaspersky, eliminando il logo dell’azienda dai caschi dei piloti e dal sito ufficiale. Secondo alcuni esperti, il timore è che gli antivirus russi non facciano alcunché per fermare possibili malware creati ad-hoc dalla Russia, con conseguenze certamente evidenti. Rischi però subito rispediti al mittente dalla stessa Kaspersky, che ha voluto rimarcare con forza e senza equivoci la propria indipendenza. Come spiegato dall’addì e fondatore Eugene Kaspersky, è stato anche creato un data center in Svizzera per dare ulteriori garanzie di trasparenza, cosicché governi e patner commerciali possano verificare in autonomia l’integrità dei codici.