Privacy, alcune app aggirano le regolamentazioni sul tracciamento dei dati

Le violazioni della privacy continuano nonostante i provvedimenti imposti ad alcuni colossi della tecnologia: ecco come alcune applicazione raggirano anche l’esplicito rifiuto degli utenti

Apple (Adobe Stock)
Apple (Adobe Stock)

L’acceso dibattito sulla privacy degli utenti nell’uso dei dispositivi tecnologici ha portato, negli ultimi mesi, alla definizione di alcuni primi provvedimenti contro le aziende che non rispettano le linee guida sulla protezione dei dati: sono aumentate le pressioni degli enti regolatori sui produttori e i colossi Big Tech, e ciò ha contribuito all’implementazione di alcune trasformazioni positive, come ad esempio il sistema l’App Tracking Transparency (ATT) di Apple, che obbliga gli sviluppatori a chiedere il consenso esplicito dell’utente prima di tracciarne i dati a scopi di marketing.

La quantità dei dati che vengono inviati delle app più scaricate alle società pubblicitarie è diminuita; emerge però che ci sono modi per raggirare queste restrizioni e continuare a tracciare gli utenti a prescindere dal consenso negato.

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I limiti dell’App Tracking Transparency: siamo davvero più protetti?

iPhone
(Unsplash)

Le informazioni raccolte vanno dall’ultimo riavvio dell’iPhone alle impostazioni di luminosità dello schermo. L’assegnazione di un identificatore univoco a ogni iPhone da parte di Apple rende possibile l’accesso a moltissime informazioni, quasi esattamente come prima. Questo codice di identificazione non rivela dati personali, ma permette comunque la raccolta di alcune informazioni come l’indirizzo IP, lo spazio di archiviazione, il livello del volume e della batteria dello smartphone –  dati univoci che, una volta in possesso degli inserzionisti, potrebbero essere utilizzati per sapere quali sono le altre app usate dall’utente, oppure per mostrare annunci mirati.

In pratica le regole si possono aggirare senza infrangerle attraverso una procedura di raggruppamento degli utenti in base al loro comportamento: confrontando successivamente questi gruppi, è possibile ottenere i risultati molto simili a quelli forniti dalla profilazione diretta, senza violare, almeno teoricamente, le regole. Le critiche a questo tipo di gestione dei dati sono state rese note anche a Apple, che non ha ancora pubblicato alcuna dichiarazione a riguardo.

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La trasparenza è un tasto dolente molto difficile da risolvere. Le soluzioni fin ora proposte come sicure non stanno portando i risultati attesi, e assomigliano di più una mossa di marketing piuttosto che a una vera operazione di tutela, dando all’utente un falso senso di garanzia.

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