Ebbene sì. Così come succede con gli sbadigli, anche usare uno smartphone in pubblico è contagioso. Lo rivela uno studio
A chi non è mai capitato di tirare fuori il proprio smartphone dalla tasca dopo aver visto un’altra persona farlo? Che sia un amico o il/la propria partner, ormai è diventata un’azione istintiva e della quale non si può più fare a meno. Un po’ come succede con gli sbadigli, utilizzare il proprio telefono in pubblico è diventato contagioso.
E non si tratta di singoli casi isolati, anzi. A confermare questo fenomeno c’è uno studio, condotto da un team di ricercatori dell’università di Pisa e pubblicato sul Journal of Ethology. Pare che guardare lo schermo del proprio device rientri nei “fenomeni della mimica spontanea“, ossia di quei comportamenti la cui imitazione si manifesta entro 30 secondi. Al di là di tutte le differenze di genere, età o livello di familiarità delle persone.
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L’uso dello smartphone è contagioso, lo rivela uno studio
Come riportato dall’Ansa, con questo studio è stato applicato – per la prima volta in una ricerca – l’approccio etologico all’uso dei telefonini. “La mimica spontanea, come il contagio della risata o dello sbadiglio, è uno dei fenomeni biologici che accresce la familiarità tra soggetti. Questo perché ha un ruolo nello sviluppo delle relazioni sociali. In realtà, con lo smartphone si produce un risultato opposto, in quanto attiva la necessità di stare al telefono anche quando siamo in compagnia. Tutto questo ci allontana dalla realtà che stiamo vivendo e ci traghetta verso un mondo completamente virtuale” ha spiegato Veronica Maglieri, dottoranda dell’università di Pisa.
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Per portare a termine lo studio, i ricercatori hanno deciso di osservare gruppi di persone ignare della ricerca, controllando i loro comportamenti dopo essere stati esposti a due stimoli diversi. Nel primo caso, gli sperimentatori prendevano il loro telefono e lo manipolavano per almeno cinque secondi guardando lo schermo. Nell’altro eseguivano le stesse azioni, però lo sguardo era diretto altrove.
“Nel primo caso, le persone prendevano gli smartphone e si mettevano a guardarli entro 30 secondi. La molla che fa scattare il contagio è l’attenzione, mentre la mera manipolazione del device non è sufficiente ad evocare un fenomeno di mimica spontanea” ha spiegato l’ateneo pisano.