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Applicazioni

Telegram alle strette, un Paese obbliga l’azienda a condividere i dati di alcuni utenti

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Pasquale Conte

Nuovo grattacapo per Telegram, che è stato obbligato da un Paese a condividere i dati di alcuni dai propri utenti. Nulla di cui temere comunque, l’azione è legata ad un episodio ben preciso e non ci sono rischi per la privacy

Tra le piattaforme di messaggistica numero uno al mondo, è impossibile non menzionare Telegram. La piattaforma concorrente di WhatsApp continua a registrare numeri da capogiro, legati anche e soprattutto alle tantissime funzionalità uniche messe a disposizione dei milioni di utenti sparsi per il mondo.

Ancora problemi per Telegram, con un Paese che ha chiesto all’azienda di condividere i dati personali di alcuni utenti (Unsplash)

Un successo che non sembra volersi fermare. Lo sa bene il team di sviluppatori, che sta continuando a lavorare per sfornare ulteriori strumenti che possano rivelarsi congeniali alle esigenze dei consumatori. E stando a quanto emerso, da qui alla fine dell’anno possiamo aspettarci ulteriori novità in tal senso.

Telegram, in India dovrà fornire i dati di alcuni utenti: ecco il motivo

L’ultimo periodo di Telegram è però contrassegnato anche da altri fatti extra app. Stando a quanto riferisce il sito TorrentFreak, infatti, la Corte Suprema di Delhi, in India, avrebbe obbligato l’azienda a condividere dettagli e dati relativi ad alcuni utenti che hanno violato il copyright di chi detiene i diritti su determinati contenuti digitali.

La richiesta è arrivata dalla Corte suprema di Delhi, con l’obiettivo di scoperchiare alcuni malintenzionati che condividono contenuti protetti dal copyright (Adobe Stock)

Al momento, il colosso di messaggistica avrebbe rifiutato di mettere in atto tale azione, soprattutto per motivazioni legate alla privacy e alla libertà di espressione.

Non è della stessa veduta la Corte, che ha respinto la tesi difensiva e ha ordinato a Telegram stessa di adeguarsi alle leggi indiane. In realtà, la questione va avanti dal 2020, con una causa che è stata inizialmente presentata da Neetu Singh e dalla sua casa editrice, la KD Camp.

La Corte indiana ha chiesto di fornire i dati dei malintenzionati al fine di bloccarli per sempre. Fino ad ora, il modus operandi dell’azienda prevede infatti la semplice chiusura dei canali che condividono contenuti digitali illegalmente. Così facendo, però, gli stessi utenti hanno la possibilità di crearne uno nuovo e di continuare con le loro attività in tempo zero. Motivo per cui in India si sta cercando di scavare più a fondo per fermare le attività illegali. Staremo a vedere come si evolverà la situazione nelle prossime settimane.

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Pasquale Conte

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