Continuano le polemiche nei confronti di Telegram, app che ha fatto del suo stile “libertino” un grande vantaggio. È sempre più popolare tra i cybercriminali
L’alternativa numero uno a WhatsApp è senza dubbio Telegram. Soprattutto nel corso degli ultimi anni, sono sempre di più gli utenti che hanno deciso di cambiare piattaforma, per un servizio che dà maggiori possibilità e soprattutto applica una strategia di monitoraggio delle attività piuttosto “libertina”.
Lo sanno bene, purtroppo, anche i cybercriminali. E lo confermano i recenti fatti di cronaca, che vedono proprio in Telegram il mezzo per portare a termine attività illecite. Stando ai risultati di un’indagine condotta da Cyberint e dal Financial Times, ad oggi il servizio di messaggistica può essere considerato un’alternativa non troppo lontana dal dark web.
FORSE TI INTERESSA ANCHE >>> NOW si aggiorna con una schermata Home completamente rinnovata
Telegram popolare tra i cybercriminali, i risultati dell’ultima indagine
Stando a quanto raccolto da Cyberint, l’uso di Telegram da parte dei cybercriminali è aumentato di oltre il 100%. Esistono centinaia di canali – con migliaia di utenti iscritti – che offrono contenuti molto simili a quelli che fino a poco tempo fa si vedevano solo sul dark web. La popolarità della piattaforma ha subito un’accelerata importante soprattutto grazie alla nuova policy sulla privacy di WhatsApp, che ad inizio 2021 ha dato il via ad un esodo generale.
FORSE TI INTERESSA ANCHE >>> iPhone 13 Mini batte iPhone 12 Pro Max: il curioso caso dei numeri di confronto di Apple
Sempre secondo la ricerca condotta dagli esperti, esistono canali che vengono utilizzati per vendere archivi con fino a 600.000 email e password. Credenziali varie per accedere a servizi e piattaforme come Google, Yahoo, Minecraft, Origin, Uplay e tanti altri. Al centro delle polemiche anche i canali per vendere dati finanziari – come i numeri di carte di credito e le credenziali dei conti bancari – e per distribuire software, exploit e guide di hacking.
L’azienda si è difesa affermando che i suoi moderatori hanno rimosso oltre 10.000 canali pubblici segnalati dagli utenti per violazione dei termini di servizio. Inoltre, sembra che possa eliminare dati personali condivisi anche senza consenso. È chiaro che il pugno duro sarà necessario anche nei prossimi mesi, per placare un fenomeno in rapidissima espansione.