“Telegram non è un’app sicura come invece sembra”, la piattaforma di messaggistica sarebbe stata smascherata dalla rivale Whatsapp. I dettagli della vicenda
Privacy e sicurezza nelle applicazioni sono molto importanti al giorno d’oggi. Tenere al sicuro tutti i nostri dati è fondamentale, per cui gli sviluppatori dei servizi e delle piattaforme che conosciamo non possono minimamente permettersi di commettere degli errori che potrebbero costargli davvero caro. E nel momento in cui succede, purtroppo, non possono fare altro che tentare di rimediare al loro errore il prima possibile.
Applicazioni come WhatsApp o Telegram, per esempio, sono quelle che potrebbero rientrare nella categoria dei “servizi maggiormente a rischio” per via del campo dove operano, ossia quello della messaggistica istantanea. Lasciarsi scappare un errore durante un aggiornamento standard, oppure ignorare quelle che potrebbero essere delle lamentele significative per la miglioria del prodotto, potrebbe portare l’app a subire un collasso mai visto prima, ed è inevitabile.
Telegram non è sicura: WhatsApp ne è certa
Tuttavia, il discorso non cambia per nulla anche quando si tratta di rispondere a delle voci di corridoio che circolano, come quelle di WhatsApp contro Telegram per esempio. Sono state mosse delle accuse molto particolari verso la sua nemesi, che contrariamente a quanto potreste pensare forse dovrebbe riguardare le sue funzioni e migliorarsi ancora di più. Ma che cosa sappiamo in merito a questa storia, e soprattutto quali sono le prove a carico di Meta in queste sentenze?
Will Cathcart, il responsabile di WhatsApp, ha affermato che Telegram non ha un buon livello di sicurezza. Differentemente da quanto potreste pensare potrebbe essere così, specie perché – a detta dell’esperto – l’app non offre la crittografia end-to-end come impostazione predefinita, e ciò vale anche per i gruppi e per le chat segrete, che rimangono altrettanto scoperte. Ciò, dunque, porta il servizio a sentirsi legittimata a condividere conversazioni, informazioni e addirittura locazioni riservate ai governi quando viene richiesto, riferendosi principalmente alla Russia.
Non è della stessa opinione Remi Vaughn, il portavoce di Telegram, che ha risposto alle accuse mosse da Will Cathcart riferendo che la posizione degli individui viene resa visibile solo quando quest’ultimi lo autorizzano, e questo accade in pochissimi casi. Per quel che riguarda il protocollo di sicurezza applicato alle chat segrete, invece, quanto utilizzato da Telegram per proteggere le conversazioni e le informazioni degli utenti è stato verificato da un team altamente qualificato dell’Università di Udine: è impossibile che possa commettere un errore da quel che dice. Ma sarà davvero così?