In Pennsylvania, una madre di 50 anni ha utilizzato il deepfake per bullizzare le rivali di squadra di sua figlia cheerleader
Ha dell’incredibile quanto successo in Pennsylvania, e più precisamente nella contea di Bucks. Una madre di 50 anni ha sfruttato la tecnologia del deepfake per bullizzare le rivali di squadra di sua figlia, cheerleader nella sua scuola. Nello specifico, avrebbe preso dai social le foto di almeno tre compagne di squadra rivali e immortalate mentre fumano o bevono.
Dopo aver creato il fake, ha inviato tutto agli allenatori della squadra rivale per farle cacciare. Ma non è finita qui. Secondo quanto riferiscono alcuni media americani, la donna avrebbe inviato un contenuto manipolati anche ad altri compagni di squadra, molestandoli con messaggi che esortavano al suicidio.
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Raffaela Spone, una madre di 50 anni della Pennsylvania, si trova ora nei guai. Dopo aver alterato alcune foto dei rivali con deepfake, ora dovrà affrontare tre accuse di molestie informatiche nei confronti di un bambino e altre tre accuse di molestie. Ancora non c’è stata alcuna indicazione per ciò che riguarda la figlia cheerleader, non identificata pubblicamente. Bisogna capire se lei fosse a conoscenza di quanto stava facendo la madre. Secondo l’Inquirer, tutto ciò è riportato nei documenti del tribunale.
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Le autorità locali hanno avviato l’indagine dopo numerose segnalazioni da parte di un minore, che riceveva continuamente messaggi di molestie da un numero sconosciuto. Colpite diverse cheerleader rivali, ritratte mentre bevevano e fumavano, ma non solo. Ad alcune di loro sono state inviate foto di sé stesse in bikini.
Il padre di una delle vittime ha dichiarato che sua figlia e le altre due ragazze erano amiche della figlia di Spone. Secondo quanto ipotizzato, le molestie sarebbero iniziate dopo che lui e sua moglie avrebbero detto ad una delle vittime di smettere di uscire con la figlia di Spone. “Non capisco cosa abbia spinto Raffaela a fare tutto ciò. Sono molto arrabbiato, è stata diffusa un’immagine di mia figlia non vera” ha spiegato George Ratel all’Inquirer.
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