Un team di ricercatori della Washington University di St. Louis rivela nuove informazioni su Marte: il perché dell’assenza di vita è dovuto a una particolarità delle dimensioni del pianeta.
Tra tutti i pianeti del sistema solare, quello più simile alla Terra è Marte: questo è il motivo per cui è anche quello più studiato. Diversi studi scientifici negli anni passati e i rilevamenti dei rover hanno confermato la presenza dell’acqua nel remoto passato del Pianeta Rosso, che adesso si presenta come un deserto gelido. Proprio questo fatto aveva portato la comunità scientifica a ipotizzare che Marte, in quel periodo, avrebbe potuto teoricamente ospitare delle forme di vita, quantomeno quelle microbiche.
Una recente ricerca sui meteoriti marziani, invece, pubblicata alcuni giorni fa sul giornale scientifico americano Proceedings of the National Academy of Sciences e condotta dai ricercatori della Washington University di St. Louis, suggerisce l’ipotesi che le dimensioni di Marte siano troppo contenute per trattenere quantità sufficienti di acqua per permettere lo sviluppo della vita.
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Marte, ecco come il potassio può rivelare l’abitabilità dei pianeti
Le motivazioni dell’assenza di acqua attualmente sul Pianeta Rosso sono tuttora un mistero. Tra le possibili spiegazioni a questo fatto sono state proposte un eventuale indebolimento del campo magnetico, o l’impatto con un altro corpo celeste: il coordinatore del team di ricerca della Washington University, Kun Wang, sostiene invece l’esistenza una soglia minima di dimensioni dei pianeti rocciosi affinché possano trattenere l’acqua, e quindi che la massa di Marte sia al di sotto di questa soglia. Per questo motivo, la quantità d’acqua liquida sulla superficie del pianeta potrebbe essere sempre stata molto limitata. Lo studio è concentrato sui livelli di isotopi stabili del potassio rilevati all’interno dei meteoriti marziani caduti sulla Terra nel corso di millenni: l’elemento ha funzionato da indicatore per determinare le sorti di altri composti più volatili, come l’acqua.
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Dalle analisi è così emerso che, durante la sua formazione, il Pianeta Rosso ha perso molti più elementi volatili rispetto alla Terra; dunque, esiste una correlazione tra le dimensioni del corpo celeste e la composizione isotopica del potassio. I risultati della ricerca, che affermano l’esistenza di una fascia di dimensioni molto ristretta all’interno della quale i pianeti sono adatti al trattenimento di H20, sono utili anche per un ulteriore importante scopo: l’individuazione di esopianeti potenzialmente abitabili in altri sistemi stellari, grazie a calcoli e delle misurazioni che permettono di capire proprio i parametri delle condizioni per la sviluppo e la conservazione della vita.