La recente modifica alle condizioni d’uso ha fatto scattare – seppure soltanto in parte – una vera e propria fuga da WhatsApp. Di seguito, le migliori alternative alla popolare applicazione di proprietà di Facebook.
La condivisione dei dati tra WhatsApp e Facebook ha fatto insorgere la rete. Sui social non si parla d’altro e sono molteplici gli utenti che minacciano seriamente di abbandonare la popolare applicazione di messaggistica istantanea (utilizzatissima a Capodanno, a tal punto da far registrare numeri record), dopo aver subìto – senza alcuna possibilità di difesa – una contrazione della privacy personale. La modifica – che non riguarderà tuttavia il territorio europeo, almeno per il momento – ha insomma fatto già scattare la ricerca di applicazioni alternative a WhatsApp, magari ancor più sicure e attente alle esigenze dei consumatori.
In tal senso, stanno conquistando un certo spazio soluzioni del calibro di Signal e Telegram. Soprattutto la prima appare certamente apprezzabile per alcune funzioni distintive, giacché trattasi dell’app di messaggistica più sicura finora disponibile su smartphone Android e Apple. Persino la Commissione Europea ne caldeggia l’utilizzo così come, più di recente, l’imprenditore Elon Musk, che con un inequivocabile post su Twitter ha invitato gli utenti a passare a Signal ed abbandonare WhatsApp: il cinguettio del fondatore di Tesla ha rapidamente provocato un crash ai sistemi di Signal – complice evidentemente un massiccio accesso da parte dei consumatori – facendo registrare ritardi nella procedura di attivazione dell’app, risolti dagli sviluppatori a distanza di appena un giorno.
Ma quali sono le differenze tra Telegram, Signal e WhatsApp? Le prime due possono certamente far leva su funzionalità aggiuntive rispetto alla popolare applicazione acquistata da Mark Zuckerberg, forse adagiatasi sugli allori dopo aver conquistato un successo pressoché globale (secondo le ultime rilevazioni ufficiali, in Italia i clienti iscritti sono infatti ben 34 milioni, e siamo certi che tale numero sia destinato ad incrementarsi in ragione dell’attuale crisi epidemiologica). In tutt’e tre i casi, si tratta comunque di applicazioni di messaggistica gratuite e disponibili sia sul Play Store che su Apple Store.
Telegram è un po’ meno nota di WhatsApp (gli italiani che la utilizzano ammontano infatti a poco più di 13 milioni) e ha una natura parzialmente open source. A differenza dell’app di messaggistica di proprietà di Facebook, non archivia i dati facendo leva sulla memoria degli smartphone degli utenti, ma utilizza un cloud virtuale: una soluzione, quest’ultima, particolarmente congegnale, giacché permette non soltanto di inviare un numero illimitato di contenuti (che altrimenti troverebbero il muro ostacolante dello storage dello smartphone), ma anche di utilizzare Telegram in qualsiasi dispositivo mobile.
Apprezzabili sono altresì i risvolti sotto il versante della sicurezza: Telegram infatti utilizza una crittografia end-to-end (come WhatsApp) e non mette in evidenza il numero telefonico dell’utente. Completano il quadro importanti funzioni come i messaggi che si autodistruggono (soltanto di recente approdati su WhatsApp), la possibilità di condividere file fino a 1,5 gigabyte, la scelta di un nickname personale e la creazione di gruppi – anche privati – pronti ad accogliere fino a 200 mila utenti. Il maggior difetto dell’app è senza dubbio la poca notorietà: benché sempre più scaricata all’interno degli smartphone, Telegram non ha (ancora) raggiunto le cifre di WhatsApp e spesso capita di incontrare persone che non utilizzano il programma di messaggistica ideato nell’ormai 2013 dai fratelli Nikolaj e Pavel Durov.
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Il discorso abbozzato con Telegram può, per certi versi, valere anche per Signal, app di messaggistica che si caratterizza soprattutto per una garanzia: la forte sicurezza dei dati. Di concerto con la crittografia end-to-end (introdotta ancor prima di WhatsApp), il programma per smartphone mette in mostra soluzioni particolarmente innovative, tra le quali la poca memorizzazione dei metadati (ossia di informazioni particolarmente sensibili, come la data e l’ora di invio del messaggio o di una chiamata, ma anche l’accesso recente dell’utente). Si tratta, a conti fatti, di una aggiunta molto importante (peraltro assente sia su WhatsApp che su Telegram), giacché potenzia la sicurezza delle nostre conversazioni e, di conseguenza, i dati sensibili condivisi con gli altri.
Tra le aggiunte degne di nota figura anche la possibilità di inviare messaggi che si autodistruggono, chat segrete, messaggi a tempo e finanche alcuni accorgimenti senza dubbio apprezzabili, come la possibilità di nascondere il contenuto del testo e di utilizzare la tastiera in modalità incognito. Completa il quadro anche la crittografia ai backup, per una sicurezza ancora più completa.
Il più grande difetto di Signal? La diffusione, ancora minore di Telegram. L’auspicio è che il post su Twitter condiviso da Elon Musk possa contribuire ulteriormente ad incrementare la base di utenti, che può peraltro fregiarsi anche degli estremisti filo-trumpiani dopo il ban dell’ex presidente USA su tutti i social network mondiali.
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Ad ogni buon conto, si tratta comunque di applicazioni di messaggistica che non sono necessariamente da intendersi come alternative, ma possono anche completarsi a vicenda.
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