I colossi della tecnologia hanno reagito, più o meno tutti, immediatamente alla decisione di Putin di invadere l’Ucraina. Google ed Apple le prima ad abbandonare la Russia. A modo suo anche Samsung lo ha fatto, anche se sottotraccia, togliendo la Z che tanto evoca l’esercito sovietico dai suoi pieghevoli. Non tutti però si sono allineati.
I produttori cinesi, infatti, hanno sì dimezzato le consegne a Mosca, come riporta il Financial Times, ma in maniera molto più blanda rispetto agli statunitensi. Nessuna sorpresa sia chiaro, Pechino e Mosca sono molto più vicine di quanto si possa pensare, ma da un grande potere derivano grande responsabile.
A Washington non sono per niente soddisfatti del comportamento cinese, e stanno storcendo il naso. Le vendite di smartphone di Huawei Technologies Co, Oppo e Vivo sono aumentate in modo significativo nelle prime due settimane di marzo. Addirittura il 300% per Huawei, un aumento importante anche per Xiaomi. E seppur nelle ultime due settimane hanno ridotto di almeno la metà le consegne in Russia, come riporta il Financial Times, simile comportamento potrebbe portare a nuovi ban da Washignton.
Pechino sta giocando su due tavoli? La situazione in Russia
Certo, la carenza di semiconduttori nel mercato, i problemi logistici di consegna dei prodotti nel territorio russo e il tasso alquanto instabile del rublo stanno influendo in maniera negativa sulle consegne di Huawei, Xiaomi, OPPO e VIVO in Russia: basti pensare che se fino al 24 febbraio lo smartphone Redmi 9C ultra-economico poteva essere acquistato per 10-12 mila rubli, ora varia da 14 fino addirittura a 30 (“Yandex.Market”).
Le aziende cinesi, però, secondo molti media internazionali starebbero con il classico piedi in due scarpe. Da un lato c’è da preservare l’alleanza fra Pechino e Mosca, dall’altra non bisogna oltrepassare un limite consentito vicino al termine della pazienza statunitense.
Si paventa perfino un allineamento dei colossi tecnologici cinesi a Google, Apple e a tutti i produttori occidentali, potrebbe esserci una “sospensione temporanea” delle attività in Russia. Il problema che ancora non c’è stata. C’è un altro inconveniente per i cinesi, poi.
Il problema è nelle tecnologie, una grande percentuale delle quali è brevettata negli Stati Uniti. Nonostante l’assenza di un divieto diretto alle importazioni in Russia, non ci sono tecnologie di consumo americane, il che significa andare sotto pressione. Per questo la Cina starebbe da un lato diminuendo la produzioni in Russia, dall’altro non ha smesso. La sottile linea, per il momento, è sempre più… rossa.
I principali marchi cinesi di smartphone Android stanno registrando una forte domanda questo mese in Russia, spinta dall’aumento della spesa dei consumatori locali per dispositivi elettronici essenziali, poiché le sanzioni internazionali contro l’invasione dell’Ucraina hanno mandato il rublo in caduta libera.
“I rivenditori russi stanno fissando il prezzo più alto ogni pochi giorni per compensare la perdita di cambio” sostiene Ivan Lam, analista di Counterpoint Research con sede a Hong Kong. “Le persone stanno acquistando di tutto – spiega – dagli smartphone agli elettrodomestici prima che la valuta si deprezzi ulteriormente“.
Ma la domanda sorge spontanea: fino a quando gli Stati Uniti sopporteranno tutto ciò?