Ad una manciata di giorni dall’insediamento ufficiale di Joe Biden, l’amministrazione Trump si rende protagonista di un nuovo giro di vite nei confronti delle aziende cinesi: a finire al centro dell’attenzione è stavolta Xiaomi, sebbene con una efficacia molto più limitata rispetto ai duri provvedimenti intrapresi contro Huawei.
L’ultimo pensiero di Donald Trump è ancora rivolto verso le aziende cinesi. L’ormai ex presidente americano, in predicato di lasciar spazio al nuovo eletto Joe Biden, torna infatti a prendere di mira le società sviluppate nel mercato orientale, mettendo a punto un provvedimento destinato ad incidere negativamente sui loro investimenti. Come riportato in queste ore dall’autorevole Reuters, nove compagini sono state inserite nella lista nera degli Stati Uniti a causa di presunti legami con l’esercito cinese. Nel novero di queste figura anche Xiaomi, che soltanto di recente ha avuto modo di brindare al terzo posto nella classifica mondiale dei produttori di smartphone.
Non si tratta, ad ogni buon conto, di un provvedimento destinato ad impattare negativamente sui possessori di smartphone Xiaomi, né tantomeno sui piani strategici meramente commerciali della società capitanata da Lei Jun. Per farla breve, il nuovo giro di vite abbozzato dall’amministrazione Trump non replicherà l’assai più dura misura intrapresa nei riguardi di Huawei, costretta da ormai diverso tempo a mettersi in proprio, stante l’impossibilità di utilizzare i servizi Google.
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Nel caso di specie, la nuova misura disposta da Trump è rivolta agli investitori statunitensi, ossia coloro i quali vantano partecipazioni societarie in tutte quelle aziende finite nella lista nera americana. Quest’ultimi, infatti, dovranno vendere le proprie azioni entro lo spirare dell’11 novembre 2021.
Volendo contestualizzare il recente provvedimento, è opportuno segnalare che una legge statunitense approvata nell’ormai lontano 1999 obbligava il Dipartimento della Difesa americana a creare un elenco di società controllate dall’esercito cinese. Il provvedimento, finora mai applicato, è tornato in auge nel 2020, allorquando il Pentagono ha inserito nell’elenco i nominativi di trentacinque aziende, tra le quali spicca il principale produttore di chipset cinesi, SMIC, il gigante petrolifero CNOOC e la stessa Huawei. In queste ore, infine, l’amministrazione Trump ha ulteriormente inteso rimpinguare l’elenco, aggiungendovi ulteriori 9 società, tra cui Xiaomi.
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A questo punto, vale la pena chiederci cosa accadrà nell’immediato prosieguo, visto che il presidente entrante Joe Biden si insedierà ufficialmente il prossimo 20 gennaio. Sullo sfondo un ribaltamento dei provvedimenti intrapresi da Trump oppure una conferma della linea dura contro le società cinesi?
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